Interlinea 2024


Il falco e la colomba è la settima tappa del cammino poetico di Davide Puccini, giunto ormai al traguardo del quarto di secolo. L’agguerrito linguista, il raffinato studioso di Sbarbaro e Boine, di Pulci, Poliziano e Ariosto, di Sacchetti e Fucini, si serve della sua lingua nitida e coltissima e insieme affabile e colloquiale, della sua tradizionalissima metrica di endecasillabi e settenari, musicale e insieme fluidamente narrativa, per condurci – nel duplice segno iniziale e conclusivo di un falco simbolo di incombente minaccia o di montaliana indifferenza e di una colomba simbolo del divino e annuncio di salvezza – lungo un percorso che dagli abitanti della nostra “casa comune” e in particolare della sua terra e del suo mare di Toscana (il geco, la polpessa, le meduse, la lucertola…), attraverso il sentimento doloroso del trascorrere del tempo e della vecchiaia che avanza, giunge alla sofferta e intensa meditazione religiosa della terza e ultima sezione.

Paolo Zoboli

Il muro

Non so perché mi affascina
il muro che contorna
con la sua dura pietra
o il malridotto intonaco
il terreno che sale
e scende disuguale
adattandosi al vario dislivello.
Anche la grande muraglia cinese
fa parte della serie, come il povero
cimitero marino di paese
o il muro d’orto privo d’ogni cura.
Forse perché per una volta l’uomo
si piega alla natura.

*

Controllo

Meticoloso nel particolare,
ti impegni vanamente nelle piccole
faccende d’ogni giorno con la cura
che si dovrebbe riservare a cose
di maggior conto. Quando stendi i panni
le mollette le scegli dello stesso
colore per lo stesso indumento.
Allinei attento vasi e soprammobili,
sistemi le stoviglie in simmetria.
Ordini i libri con pignoleria
secondo autore secolo e collana
per risparmiare spazio prezioso.
Cerchi il controllo che fa da argine
a ciò che di controllo non ha margine.

*

L’autunno

L’autunno non è altro che una vecchia
estate, prima in piena forza ancora,
con il sole che spinge verso il mare
per farsi intridere dalle acque chiare;
poi sempre vigorosa, nonostante
i certi segni della decadenza,
con il precoce avvento della notte
che pone un freno alle già corte voglie; languente infine nel freddo del vento
che ammucchia turbinando morte foglie.

*

Al tramonto

I

Com’è triste il declino dell’estate,
il veloce incupirsi
del cielo a sera dopo tanta luce:
pesa sul cuore con il sentimento
dell’imminente fine,
ammonimento truce. Per un attimo:
poi prende il sopravvento
un diverso splendore all’orizzonte
che pure dà calore.

*

II

Sul profilo di Corsica e Capraia
ogni sera si accende intorno al sole
che esce di scena come un grande attore
un tramonto diverso colorato
con strisce sovrapposte a pennellate
quando sfumate quando contrapposte.
Occupa a occidente il cielo intero:
sull’oro e lo smeraldo il rosso ardente
destinato a incupire con il buio
che avanza inarrestabile da oriente
e inghiottisce il fulgore dentro il nero.

*

Conversione

Un giorno mi hai chiamato
per farmi tuo, Signore:
piccoli segni, non grandi miracoli
perché a ognuno è lasciata la scelta
tra vedere credendo e non vedere.
Me ne stavo tranquillo
nell’orgogliosa e ferma convinzione
che l’uomo avesse creato a sua immagine
e somiglianza Dio, e non Dio l’uomo:
nessuna vita dopo questa vita,
solo materia in un perpetuo circolo.
In tale riposante sicurezza
si è insinuato il dubbio:
qualcuno mi ha cercato,
ha provato a bussare alla mia porta?
Non ho risposto una prima volta: un’illuminazione
che è subito scomparsa.
Ma dopo tante prove
sono stato costretto a prender atto:
per semplice onestà intellettuale
ho poi dovuto ammettere
di avere avuto torto.
Certo la strada non era tracciata
del tutto incerto il porto,
ma per un lungo tratto
tu mi sei stato accanto:
ogni domanda aveva la risposta,
ogni azione la giusta spiegazione.
Il male è spesso un fatto
concreto come il bene,
ma la difesa tiene
e in caso di sconfitta c’è l’appello
dell’infinita tua misericordia
a rinnovare il patto.
Tuttavia, se anche cerco di ascoltare
la tua voce, non sono affatto pronto
a prendere la croce per seguirti
e rinunciare al mondo;
se sono un uomo nuovo, ho il fiato corto
e il vecchio nel profondo non è morto:
ti prego di accettare ancora un poco
le mie ragioni scarne e di mutare
il mio cuore di pietra
in un cuore di carne.

*

L’ascolto

Per ascoltare, prima d’ogni cosa
bisogna non parlare, ma non basta:
bisogna far tacere
ciò che si agita dentro senza posa
(passioni, desideri, amaro assenzio)
per arrivare al centro;
bisogna aprire il cuore per sentire
ciò che dice il silenzio.

*

Nato nel 1948 a Piombino, dove tuttora risiede, Davide Puccini affianca all’attività di filologo e critico letterario quella di poeta e narratore. Per Garzanti, dopo aver contribuito all’antologia Poesia italiana del Novecento (1980), ha curato le opere di Giovanni Boine (1983), il Morgante di Luigi Pulci (1989) e le poesie volgari di Angelo Poliziano (1992, 2012); per la Newton Compton un’edizione integrale del Furioso ariostesco (1999, 2006, 2016). Ha pubblicato nella collana “Classici italiani” della Utet Il Trecentonovelle (2004) e Il libro delle rime (2007) di Franco Sacchetti; per Le Lettere, le Opere di Renato Fucini (2011, 2018, 2022); per le Edizioni di Storia e Letteratura, Favole e Sonetti pastorali di Luigi Clasio (2016). Ha collaborato e collabora con saggi e recensioni a numerose riviste, tra cui “Lingua nostra” e “Poesia”, e codirige “Letteratura cavalleresca italiana”. Nel 2000 è uscita la sua prima raccolta di versi, Il lago del cuore, alla quale hanno fatto seguito Gente di passaggio (2005), Madonne e donne (2007), Parole e musica (2010), Il fondo e l’onda (2016), Animali diversi ed altri versi (2021). È presente in numerose antologie, tra cui A mio padre. L’amore filiale nelle più belle poesie della letteratura italiana da Pascoli a oggi (2007); Umana, troppo umana. Poesie per Marilyn Monroe (2016); Io minuscolo credo (2022). Nel 2015 ha pubblicato il primo romanzo, Il libro e l’anima; nel 2018 il secondo, La stagione del mare.