fotografia di Carlotta Cicci



Industria & Letteratura 2024
postfazione di Gian Mario Villalta


A tre morali “opere prime” si rivolge Gian Mario Villalta nella sentita postfazione a Parlo ultimo di Stefano Massari (Industria & Letteratura 2024) libro di postura antologica, che raccoglie: diario del pane (2003), libro dei vivi (2006) e serie del ritorno (2009): testi con cui Massari diede fin dai primordi chiaro segno di un robusto e peculiare talento.
Villalta rileva che ognuno dei tre libri pare avere “un’unica sorgente” ed è come se “il secondo riuscisse a scorrere più a valle del primo, il terzo più a valle del secondo”.
Perché Massari vuole scendere, a livello dell’animale più gracile e radente il suolo, per vedere il paesaggio nell’esercizio della prostrazione: con deferenza alla morte, nel candore delle membra. Dal basso, con quell’incarnato dolente, originario che gigantifica le cose nella loro crudele esattezza.
Il parlare ultimo è il punto consacrato che si trova oltre la rappresentazione, l’ulteriore che declina il luogo estremo, il vero dire, dove sommo e infimo collimano in assolutezza. Parlare ultimo è sillabare, tra i silenzi ingoiati, il proprio intimo tremore di vivente. Al di là di consueto e opportuno, oltre la forma verbale consolidata e normalizzata, quella che depotenzia il rombo a retorica conforme.
Nessun sistema risolto, nessuna proposta di visione integrata. Al portamento affermativo o didascalico, Massari oppone un verso scarno, precipite, una litania spezzata: in cui l’affanno dato da inattesi spazi tipografici e interpunzioni restituisce un disorientamento sofferto, pure armato d’inesorabilità.
Lasciare che parole prime e native emettano il loro fremito fino in fondo, scontrandosi nella tenebra di un dettato volutamente irrisolto e decostruito, prevalentemente nominale. Affiora da solo il senso di un polso buio e battente, furore di creatura viva, continuamente smembrata in essenza dall’inospitale che nega e asseta: “bestia rituale” che lascia il suo voto: l’amore assurdo, infanzia del crollo, eppure “ordine”, “obbedienza”, ostinazione al respiro: “inizio enorme”, “odore mai perduto”: questo scandalo percorso nel destino, genitore di un “dio con le mani in fiamme”; fede affilata nel gesto breve, nella parola vera dei corpi.

Opera di Andrea Emde

*

Da: Parlo ultimo (Industria & Letteratura 2024)

diario del pane (2003)


ha il torace spaccato  .  il ragazzo del pane  .  e parla coi cani  .
che l’inverno ha portato acqua buia quest’anno  e  una preghiera
soltanto  .  di morire nel mare  .  disarmato e innocente  .
senza rabbia tra i denti  .  e le mani in fiore  .


ora c’è la morte in pace  .  questo cielo atroce  .
c’è mio figlio sotto la collina nera  .  la bocca piena di falene  .
c’è la guerra  .  e ha ancora fame  .


cantano i cani malati  .  gli occhi del parto  .  canta il battesimo
dell’uva  .  il sacerdote dello sparo  .  il tuo grembiule sporco  .
cantano i vetri pieni di luce  .  la tosse nera tra le montagne  .
canta il dolore  .  e non basta  .

Opera di Andrea Emde

*

luglio fuoco incessante  .  le tue ossa di legno  .
l’acqua del maschio luminosa parla del sole  .  trema
per l’amico che muore  .  cani neri urlano dai muri  .
la terra si nasconde  .  bambini nel vento giocano
a morsi  .

.

il più cieco tra i ciechi ha portato una croce  .
il più nudo tra i nudi ha donato sua madre  .
il più fragile ha sfidato i più forti
                                   e li ha condannati al deserto  .

Opera di Andrea Emde

*

gil


la morte pura  .  ostia nera  .  senza incanto  .
il nome tuo soltanto  .  rimasto in gola  .  senza scampo  .
prego ora  .  per un tempo di luce  .  sopra l’urlo tuo  .
appeso al labbro  .  prego di restare vivo . dopo il tuo deserto  .
prego la terra che ci muore addosso  . ancora un altro anno  .
altro ferro dentro il pugno  .  ancora un canto .

*

libro dei vivi (2006)

perché dio è mio figlio e ha le mani in fiamme

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L’acqua delle madri è ferma   ferme le armi degli alberi
la casa ha vene calme ora   respiro caldo   regolare
arrivano lingue scorsoie incessanti da nord
pronte le tombe coi nervi bambini
pronta la bocca del crollo

Opera di Andrea Emde

*

vieni tu   il taciturno   iddio del giorno sordo
non vieni   tu ma il tuo maiale svelto   capoturno
a urlare che tu sei   santo   santo   santo


non vieni tu   ma il tuo limpido sciacallo   bruciare piedi
agli infedeli   a contare chiodi ai morti   a cantare eretto
nelle case dei crudeli   che tu sei   santo   santo   santo

*

serie del ritorno (2009)


ti guardo il sonno   di profilo   quasi bambino   l’odore nudo
un dolore come acqua   che si prepara ai canali
tutto è stato semplice   pulito   un mistero che chiede solo rispetto
compito che non conoscevo   come sempre è la legge


ti guardo il seno   è urna   è utile   è ordine   obbedienza
io non so ringraziare a parole   solo smetto di colpire
non dimenticare mai   che io credo   a ogni parola che mi dici

Opera di Andrea Emde

*

sempre lo stesso divampare del risveglio
il morire dentro polso   fallendo il gesto di commiato
masticando il tuo odore mai perduto   bestemmiando
ringraziando del dolore

ovunque tu sia   una parte esatta del mondo danza
parte esatta del muro terrestre   compie l’ordine del seme
una parte esatta del figlio   cresce in un cerchio di mani oneste
unite per fede e disciplina del tutto   ora riposa finalmente


hai la ferita terrestre sul fianco   ora puoi stare nell’abisso
capire perché dentro mi batte   ogni tuo passo   allarme   respiro
ogni strumento vivente   ogni destino

Opera di Andrea Emde


*

dicevi ti spezzerai per ultimo   intatto
non chiederai perdono   tu offerto
tu dimenticato

*

[sono stanco   come pieno di destino   come divorato
da tutto un male impreciso continuo   senza stagione
senza comprensione   come in posizione di raccolto
e ricostruzione   vieni da me  .  non ti posso tradire]

Opera di Andrea Emde

*

congedo

[ti sarò fedele   in una parte di tempo perenne
dove il cancro è negato   e la bestia corre rituale
dove la pianura libera   ogni addio o ritorno
e risplende   e questa vertebra resiste   verticale
seminata   incessante]

Opera di Andrea Emde

*

rinchiudermi possono   come in una velocità
fuori da ogni dolore   come in una santità
di architetture   senza ossa da spezzare
senza pane da sanguinare


lontano da coloro   che tentano di non vedere
di non tremare   di restare sempre uguali   vicini
obbligati dal cancello sempre aperto   dall’odore
pulito e pieno   al centro del letto


vengono da un gioco di bambini   da un avvertimento
gli assassini sconosciuti   vigili   pazienti   dall’ingranaggio
del corpo orizzontale   pieno di pianto   quando l’alba
è una sposa segreta   integrale   un addio perfetto

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Stefano Massari poeta e videomaker, nato a Roma nel 1969, vive e lavora a Bologna Ha pubblicato in poesia: diario del pane (Raffaelli 2003); libro dei vivi (Book Editore 2006); serie del ritorno (La vita felice 2009); macchine del diluvio (MC Edizioni 2022 ). Tra il 2000 e il 2010 ha fondato i progetti culturali: FuoriCasa.Poesia, SECOLOZERO, LAND e CARTA│BIANCA, curando blog, video, documentari, riviste e webzine, collane di poesia, rassegne letterarie e mostre di arti visive. Ha curato per oltre quindici anni i progetti video del Teatro delle Ariette (www.teatrodelleariette.it). Ha realizzato numerosi documentari e progetti video tra teatro, poesia, videoarte, comunicazione istituzionale promozione sociale. Dal 2022 cura con Carlotta Cicci il progetto videopoesia zona│disforme
www.disforme.net/zonadisforme
www.disforme.net/info