PeQuod 2023
collana Rive, prefazione di Roberto Deidier
Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete
(Gv 16, 16-20)
così Gesù ai suoi, nel Vangelo di Giovanni, poco prima di assolvere al compito datogli dal Padre: annuncio che pare inscriversi nella cronologia: un succedersi di sparizione e ritorno; dapprima il sepolcro vuoto, poi la rinnovata, diversa presenza.
Tuttavia non si tratta solo di questo. Già Meister Eckhart sapeva che l’asserzione di Gesù non si riferiva solamente all’epilogo della sua vita, ma era simbolo dell’intera relazione di mutuo anelito tra uomo e Dio: “Finché brilla in te ancora qualcosa della creatura, per quanto piccolo sia, tu non vedi Dio”. Ma anche: “Dio ama l’anima così fortemente che, se si togliesse a Dio di amare l’anima, gli si toglierebbe la sua vita e il suo essere”1.
Inesauribile, per l’uomo, il viaggio spirituale alla ricerca della Figura: un alternarsi di visione e mancanza, di refrigerio e aridità, da perseguire nella disfatta, nella suprema grazia del vuoto e della resa.
È nell’abbandono di ogni metodo e di ogni merito che ci si fa grembo per l’intuizione d’amore: questo soffio tenue e tenace, buio d’intimissima fiamma; cupido e fatale, ma flebile ed evanescente: intriso d’altrove e di nostalgia.
Fece un sogno: una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima toccava il cielo
(Gn 28, 12-18)
Ecco il dramma inesaurito dell’apparire e scomparire dell’Immagine: Giacobbe sogna, ed erige una stele che celebri il luogo, sia scala; e segni la fatica dell’ascesa, la brama della Figura, del segno apparso, del volto che ama e protegge.
Ma la grazia è in continuo movimento, ha la mobilità astrusa e luminescente, scandalosa di ogni vera misericordia: che sorge improvvisa, brutale di purezza, dopo che tutto si è rovesciato nel suo opposto.
Lo Spirito fugge i precetti, i bilanci di virtù, dileggia i dottori della legge di ogni tempo, i devoti regolari dai conti esatti2; va a chi non sa e non osa, a chi si sente scarto, e invece è pietra d’angolo.
*
Luca Pizzolitto in Getsemani (PeQuod 2023) dice con struggente delicatezza – nei versi appena accennati, nella brevità che fa soglia al non detto, nel sottovoce che rimbomba – di questo Monte degli Ulivi che è la solitudine di ogni creatura umana: sfinita tra la propria gridata orfanità e la percezione nettissima di un’appartenenza.
Dio di misericordia e dei ruvidi
affanni, Dio delle reti divelte
e della pesca mancata,
Dio dei crolli improvvisi, delle rovine
tu che abiti il vuoto di cieli divisi,
tu che ti fai permanenza, stasi, dimora
– io attendo, e di me ancora non so.
Perché, se Dio si chiude nei cristalli azzurri del proprio infinito, oltre i piagati reami della materia, corrotta di noia e dolore, c’è tuttavia una scala di Giacobbe, luogo tremendo, porta del cielo: una marcatura che si solleva minuta, verticale, e tutto oltrepassa: non ha pioli di legno o pietra, ma di supplica ininterrotta. È l’infinitesimo accenno di croce – axis mundi – che radica in terra e apre le braccia alla volta celeste, dove i cuori timidi fremono di amore arcano, da essi stessi incompreso, all’estremo margine della verità: scavandosi al centro del petto quel nido di sofferenza e tenerezza che è il solo luogo dove lo Spirito si posa.
Erba amara, fatica è la resa
incondizionata a Dio
bellezza che volge in pietra,
morire oggi nel deserto delle
cose, la fine immatura del giorno
– mia vita,
mia vita involontaria.
La parola poetica sfiora e accarezza l’impalpabile, la radiosa essenza, che vibra di fulgide oscurità: instillando la sete e insieme la tregua dell’acqua, tendendo l’anima tra fatica e ristoro, dolore e consolazione. Il poeta sa, e scrive, del più afflitto vuoto che prelude alla grazia: la catastrofe perfetta di stupore che sa mutare ogni notte oscura in insperato mattino.
Battesimo precario e rapidissimo, in cui l’immagine, già dissolta, è scampolo di salvezza: perché, illuminando a ritroso, ridona a ogni cosa il suo senso; ma con intuizione precipite, che poi ci lascia nel desiderio, nel silenzio, serbando intatto il cuore grave e dorato del mistero.
*
Da: Luca Pizzolitto, Getsemani, peQuod 2023
Giunge al sogno
l’acqua del torrente
ľultimo centimetro
di ciglia sulla tua schiena
qui tutto è distanza, dici
nella breve memoria
l’eternità della luce.
*
La barca è giunta a riva
nella misura perduta
delle carezze
– oggi è il terzo giorno
di primavera
il tuo corpo è terra
bruciata, rabbia, perdono
disponi di me nell’eterno.
*
Custodite, dici, custodite
del ventre la piaga, il caldo
respiro dei sassi, i corpi
separati così vicini al morire.
Le vuote stanze di Dio
misurati spazi in rumorosa
quiete.
*
Oggi, 8 dicembre, oggi ritorno
alla tue mani, la piega del braccio
l’intorno ora
splende, s’inabissa
trema.
*
Da qui non si parte
né arriva.
Dio, spazio d’eterna resa.
*
Labbra chiuse sulle lenzuola
foglia ferita nel vento,
la morte per acqua –
sterile autunno sul viso.
Ama il silenzio che precede
la cura – ama l’umano stupore
che accompagna questa bianca,
non voluta promessa.
*
Ciuffi di parietaria
insetti morti, lo stelo
del cardo fiorito
nel sonno.
Cade vita dagli occhi
arde la fossa
– l’inatteso risorto.
*
Chi getta il tuo nome nell’abisso
per trenta denari?
Chi dorme durante la veglia?
Chi stringe i polsi e ti spinge
in catene?
Si spegne il canto
perdono e rovina
– gocce di sangue
dal volto di Dio –
Nessuno torna innocente
da questo Getsemani
nessuno è mai stato
fedele davvero.
*
E a chi resta, resta la sete e il pianto,
il giogo eterno della memoria,
l’umano niente nel farsi polvere
fuoco, sostanza stessa di dio.
È scesa la notte sui monti, tra le malghe
che amavi tanto. Ora attendiamo soli
il giorno, nel nascere al nuovo canto.
Il tuo cuore è cieli quieti e lontananza.
*
Luca Pizzolitto nasce a Torino il 12 febbraio 1980, città dove attualmente vive e lavora come educatore professionale. Da più di vent’anni si interessa e occupa di poesia. Tra le sue opere: La terra dei cani (Associazione Culturale Thauma 2012), Senza appartenere ad alcun luogo (puntoacapo 2013), Una disperata tenerezza (Ladolfi 2014), In disabitate lontananze (Ladolfi 2015), Ogni gesto produce rumore (Fondazione Mario Luzi 2015), La nuda vita (Transeuropa 2016), Il silenzio necessario (Transeuropa 2017), L’allontanarsi delle cose (Ladolfi 2017), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto 2018), Dove non sono mai stato (Campanotto 2018), Tornando a casa (Puntoacapo 2020).
Con la casa editrice peQuod ha pubblicato, nella collana Rive:La ragione della polvere (peQuod 2020), Crocevia dei cammini (peQuod 2022), il presente Getsemani (peQuod 2023, prefazione di Roberto Deidier).
Nel 2023, è stato inserito all’interno dell’antologia Nord i poeti, vol. II, edita da Macabor. Per peQuod dirige la collana di poesia Portosepolto. È ideatore e redattore del blog poetico “Bottega Portosepolto”. Cura la rubrica Discreto sguardo per la rivista on line “Poesia del nostro tempo” e Polaroid – istantanee di poesia per“FaraPoesia”; collabora con il blog “La poesia e lo spirito”.
Luca è anche qui: https://www.asterorosso.com/2023/05/16/da-crocevia-dei-cammini-di-luca-pizzolitto/