Marco Saya Edizioni 2023
ci hanno lasciato pure le foglie
nel pallore di luci tra la nebbia
lo squallore di una falsa intimità
all’imbrunire
è morta la magnolia
anche l’alloro aveva perso
l’ultimo profumo
*
tremano le mani ruvide all’eco del vento
e terso un ramo tende ulivi in giù
com’è terso il dolore che tesse
la voce irrompe di fronte a un ponte
mentre attonito scende verso il mare
l’ultimo punto
fermo
*
così – il poeta
figlio del vento
benedice le rocce
e dice
stupenda sei
alba al tramonto
*
del mio inquieto stare
dopo l’asfissia
i gelsi neri d’inverno
in un giorno ideale
o irreale
senza peccato
arriverà la pace
a noi ciechi
a noi prigionieri
ai cigni selvatici
*
lasciamo solamente le betulle
noi ché si va altrove
senza soffrire
l’
obbligo
della morte
*
appare lento al fruscio
che veste la notte
e
tutto appare santo
ho visto danzare le rose
al tramonto d’autunno
*
lungo un ponte distante
un uomo cantava canti di guerra
quella volta che usciva l’estate
dall’azzurro del mare e
decidemmo di andare
vicino al tramonto
dove gli orfani
pregano al silenzio
*
manca l’atto di giunzione
le vesti su cui riposare
nel punto lontano o vicino al sole
essere incanto sulle ombre
*
se potessi tornare al silenzio e capire
la natura di un pianto – papà
porterei mani colme di luce
*
si erano regalati una partenza anche i tordi
spariti nel gelo dentro la morte del platano
lasciami qui in questa solenne nostalgia
*
sulla sponda del fiume passano aridi
con una rozza risata mentre scala all’alba
un precipizio allo scomporsi di ciò che non torna
vorrei parlarti delle cose magre
nelle bocche amare
dell’insonnia all’ora della morte
[lascia l’aria di ghiaccio]
ti chiedo dei segreti del tempo
*
tutto rimane fuori da ogni cognizione
il silenzio violento è
[l’esilio]
lavoro nelle albe dipinte di gelo
e ti ho sentito sì tempo che soffi alle spalle
sbuffi ciechi
*
ti racconto di un sole pallido
nella monotonia del riverbero
tra curvature e fragranze stantie
*
di fronte ai laghi bianchi
resta una macchia d’inchiostro
e alberi spariti nella tenebra
non arrivano più
le lettere
*
Maria Grazia Galatà è poetessa e artista visuale. Palermitana, vive da molti anni a Venezia. Collabora con il giornale di scritture “Il cucchiaio nell’orecchio” e “Mentinfuga”. Ha preso parte e dato vita a innumerevoli eventi artistici e poetici internazionali, con eventi collettivi o personali, insieme a personalità del mondo dell’arte o della cultura di altissimo spessore come Mario Luzi, Fernanda Pivano, Edoardo Sanguineti, Costantino Spatafora, Ana Blandiana, Philippe Daverio, Achille Bonito Oliva, Adonis, Yang Lian, Loretto Rafanelli, Massimo Donà, Pablo Hereveri, Jhonny Tuki, Marco Nereo Rotelli, Roland Quelven, Pinina Podestà. Le sue poesie sono state più volte rielaborate con videoproiezioni e tecniche miste letterario-audiovisive. È risultata spesso vincitrice o segnalata in numerosi premi letterari; ha pubblicato: L’altro, poesie e fotografie, con prefazione di Gio Ferri e videoproiezione (2010): Contrasti, scritture e fotografie con prefazione di Gio Ferri, video proiezione in collaborazione con Angelo Secondini; Quintessenza per Marco Saya Edizioni (2018), con selezione al Premio Lorenzo Montano; L’allarme del crepuscolo per Marco Saya Edizioni (2020); Khamsin per Marco Saya Edizioni (2022).
Maria Grazia è anche qui: https://www.mariagraziagalata.it