La Vita Felice 2022
Se il tonfo inverso di una creatura offesa che rialza gli occhi da terra senza odiare è un accadimento sempre colossale, che col suo scandalo di amore mette in ginocchio tutto l’universo, quando è impresa che riguarda l’infanzia ancor più fa commozione e fissità: è il gesto che di ogni cosa ha cura, tanto da non lasciarsi prendere in parola.
Cinzia Marulli nella sua Autobiografia del silenzio. L’orco e la bambina (La vita Felice 2022) porge sul palmo la piaga: prende quanto rimane del non detto e lo ostende: perché possa diventare pensabile ciò che, senza forma e margine, senza patria, avrebbe fatto di ogni sua vaghezza spavento e ritorno.
È anche questo l’aver cura della propria innocenza: delimitarsi dall’offesa, segnarne il confine da noi stessi. Pur subìto, il male è forza esterna, che non si alimenta di noi e in noi non rimane.
Marulli ci ricorda che, nel gioco alterno di compulsioni e rivalse, può esistere un punto di arresto: l’essere umano saldo, che assorbe in sé il patito, non reiterandolo. È lì che l’inanellata catena dei destini, in cui sopraffazione inflitta e ricevuta paiono il battito ancestrale di un selvaggio grande cuore, si interrompe.
Si sa che il mondo dà miglior visuale di sé se guardato dall’altezza di un filo d’erba, ma poi va riguardato dall’alto, una volta che si è conquistata statura. Marulli ne ha avuto il cuore: ha raccontato la sua infanzia piegata, ne ha pronunciato la sdrucitura, ha fatto esistere la cosa dentata ancora una volta. Poi ha assolto, ed è rimasta viva.
In reciproca direzione, ognuno infligge e subisce, e la ruota avanza. Eppure, nel grande macchinario incarnato della storia, sempre qualcuno fa minuto ingranaggio che inceppa. Antigone, certo. Ma a ogni essere umano è dato poterlo fare, facendosi punto a strapiombo di amore soprannaturale.
Brevi prose distese nei ricordi, e poi un addensarsi in versi, segnando i passi dell’accaduto: la poetessa ritorna bambina e ripercorre, scandaglia, sostiene; infine si solleva, illumina. Senza retoriche, fa quel piccolo albore in cui lo Spirito vede sé stesso, nella rievocazione che strazia, nella testimonianza che informa e mette in guardia; in quel perdono che sale, e tutto custodisce.
*
Da: Cinzia Marulli, Autobiografia del silenzio, La Vita Felice 2022
L’ESTATE ERA LA PIÙ BELLA
L’estate era la stagione più bella perché a giocare col caldo
c’era il terrazzo grande affacciato sui tetti di Roma e il
Cupolone che al tramonto diventava d’oro, d’oro come
i fili delle stelle che disegnavano il cielo nero della notte.
La mamma annaffiava le piante col tubo di plastica verde,
lungo lungo, e, per gioco, bagnava tutti, che tanto il caldo
era così forte che si dormiva poco e allora, allora tanto
valeva giocare. Il papà sempre a leggere come se in quei
libri ci fosse tutta la verità del mondo e la bambola che lo
guardava innamorata e pensava fosse un grande cavaliere.
Il fratellone col go-kart non la finiva mai e pure i fumetti
che poteva toccare solo lui tanto era geloso. La bambola
invece aveva i suoi sogni e quelli non li vedeva nessuno.
*
IL VESTITINO NUOVO
A dicembre arrivava sempre il vestitino nuovo comprato
nel negozietto vicino Fontana di Trevi: lanetta rossella
con il corpetto a nido d’ape e i fiorellini ricamati che ci
stavano proprio bene con i calzettoni in pizzo. Il giorno
dell’Immacolata s’inaugurava tutto per la passeggiata con
papà fino alla Madonnina di piazza Mignanelli ad attendere
i vigili del fuoco che con la scala lunghissima salivano
a posare i fiori nuovi mentre i piedini felici camminavano
sollevati da terra.
*
La porta chiusa con forza
il vestitino nuovo quasi strappato via
la confusione nella testa
le gambette tremanti
in pochi istanti il male
il male per sempre.
*
C’è sempre quella bambola
con i capelli lucidi di nylon
e le gambette sporche di tempo
ha ancora le braccia aperte
in attesa di un abbraccio
e il viso macchiato di paura
con un buco nell’occhio destro
per non vedere l’uomo nero
e una piccola sfera celeste in quello sinistro
per guardarsi fuggire nel sereno della morte.
*
Con la penna in mano
scavare tra le costole
un violino urla
lo sconcerto del vuoto
il dolore è una cosa solida
quando afferra
sono le mani a lasciare la presa.
*
Quello che è stato è stato
il male è indietro
la vita ha vinto sulla vita
dall’interno la luce
ha dipinto di sole
la cicatrice
nessuno ha potuto offuscare
l’amore
quell’amore che cresce
nel mio grembo
e che ha il volto meraviglioso
del bene.
*
E con questo
è stato detto tutto
nulla si può aggiungere alla storia
che la bambola ormai è cresciuta
trasformando in amore
il suo dolore osceno
tiene tra le braccia l’uomo nero
lo accarezza e lo perdona
e con lui se stessa
gira poi la testa
verso l’alto
guarda oltre
nel registro della memoria
conserva solo il bene.
*
Cinzia Marulli (Roma 1965) vive e lavora a Roma. Organizza e coordina eventi e incontri culturali con la finalità di diffondere la poesia.
È curatrice della collezione di quaderni di poesia “Le gemme” (Edizioni Progetto Cultura) e della sezione di poesia ispanoamericana della collana “Labirinti” (La Vita Felice) insieme al poeta cileno Mario Meléndez. Ha fondato e cura il blog letterario ParolaPoesia.
Ha partecipato a vari festival internazionali di poesia in Italia e all’estero e le sue poesie sono state tradotte in arabo, cinese, francese, greco, inglese e spagnolo e pubblicate in Cina, Bolivia, Colombia, Ecuador, Honduras, Messico e altri Paesi.
Nel 2021 è stato pubblicato in Spagna il suo libro di poesie El sentido blanco de las nubes per le Edizioni Valparaíso, con traduzione di Emilio Coco.
In collaborazione con il Gatestudio Records ha realizzato progetti di videoarte.
Nel 2014 ha vinto il Premio Prata alla cultura e nel 2016 la 1ª edizione del Premio di Poesia “Casa Museo Alda Merini” con la silloge La casa delle fate.
Il ricavato dalla vendita di Autobiografia del silenzio sarà devoluto all’Associazione Prometeo per la tutela dell’infanzia violata