Via Crucis al Colosseo
Garzanti, 1999
Padre, nella tua prescienza conosci tutto prima che sia
e quando è
lo guardi essere con il tuo sguardo imperscrutabile.
Quanto è lontana da te l’angoscia che mi opprime.
L’angoscia che mi leggi in viso
e nel cuore è quella del presentimento.
Tutto ti è comprensibile: anche questo;
eppure dubito talora
che questa sofferenza non ti arrivi
poi subito di questo mi ravvedo
perché so la tua misericordia.
Padre che sta per accadere che per te non sia già stato?
Che cos’è questo sgomento?
C’è nel tempo qualcosa che m’affligge,
il tempo è degli umani, per loro lo hai creato,
a loro hai dato il crearne, di inaugurare epoche, di chiuderle.
Il tempo lo conosci, ma non lo condividi.
Io dal fondo del tempo ti dico: la tristezza
del tempo è forte nell’uomo, invincibile.
I – Gesù nell’orto degli ulivi
Gesù andò in un podere, chiamato Getsemani, e disse ai discepoli:
“Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare”. E, avanzatosi un poco,
si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: “Padre mio, se è
possibile passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma
come vuoi tu!”.
Ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con
spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del
popolo. Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: “Quello
che bacerò, è lui, arrestatelo!”.
E subito si avvicinò a Gesù e disse: “Salve. Rabbì!”. E lo baciò.
(Matteo 26, 36-49)
*
Padre, siamo nell’Orto degli Ulivi – così chiamano il luogo qui a Gerusalemme.
Mi prostro con la faccia a terra, dico parole dissennate:
passi da me questo calice. Ma non come vorrei io,
come tu vuoi sia fatto.
Ciò che si prepara è nelle Scritture,
a quello ho ordinato i miei pensieri
punto per punto, eppure esito ancora,
farnetico che sia revocabile.
Tu entri nel groviglio umano e lo disbrogli,
pure così lontano come sei nella tua eternità
da questi nodi delle esistenze temporali.
In te pietà ed amore riempiono l’abisso
di questa differenza. Intendimi.
Ma ecco viene gente. Sono già qui, è Giuda, uno dei dodici,
lo accompagna una moltitudine per niente pacifica.
Hanno bastoni e spade, è chiaro in un baleno
a che punto della tragedia siamo.
E io che follemente, che umanamente ti chiedevo di rimuoverla!
Giuda – tu lo vedi nella notte e leggi i suoi pensieri –
mi si accosta, mi dà saluto e bacio.
È il segno.
* *
II – Gesù condotto di fronte alle autorità terrene
I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio
cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù,
per condannarlo a morte;
ma non riuscirono a trovarne alcuna.
Allora il sommo sacerdote gli disse:
“Ti scongiuro per il Dio vivente,
perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio”.
“Tu l’hai detto” – gli rispose Gesù.
Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo:
“Ha bestemmiato! Ecco ora voi avete udito la bestemmia;
che ve ne pare?”.
E quelli riposero: “È reo di morte”.
(Matteo 26, 59-66)
*
Sono ora, Padre, in balìa degli uomini
a cui tu mi hai mandato.
Che fare? Io li ho amati.
L’amore ha molte forme,
tutte le ho provate e fatte ardere,
anche il rimprovero, anche il duro ammonimento.
Mi sono fatto amici in gran numero,
ma un esercito sono i miei nemici.
Io tutti li amo, tutti, ma quanti comprendono?
Il male contro cui contendi
anche qui ha le sue sedi, i suoi nascondigli.
A me come viatico soltanto l’amore è stato dato,
non ho avuto altra arma per difendermi.
Mi prendono, mi portano dinanzi ai loro giudici.
Sono tue creature, sono miei fratelli,
hai messo loro in cuore la sete di giustizia,
ma la presunzione di saziarla
non viene da te, viene dal demonio.
Il giusto! Fu acceso quel desiderio
contro quale iniquità primaria?
Tua, Padre, o del maligno contro te?
Su questo principio non si placa
la controversia umana.
Ed ecco in nome tuo succedono empietà, soprusi,
disegni miserabili, perfidie, ipocrisie.
Alcuni uomini giudicano altri uomini.
**
III – La sentenza
Pilato disse alla folla: “Cbe farò di Gesù chiamato il Cristo?”
Tutti gli risposero: “Sia crocifisso!”.
Ed egli aggiunse: “Ma che male ha fatto?”,
Essi allora urlarono: “Sia crocifisso!”
Pilato, visto che non otteneva nulla,
anzi che il tumulto cresceva sempre più,
prese dell’acqua, si lavò le mani davanti alla folla.
Allora, dopo aver fatto flagellare Gesù,
lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
(Matteo 27, 22-24. 26)
*
Sono dinanzi a loro, nel sinedrio
mi scrutano i sommi sacerdoti
mi vogliono colpevole,
covano contro di me pensieri perversi.
Mi provocano, irritati dal mio silenzio, mi consegnano a Pilato, mi scherniscono
Applaude la turba dei miei simili.
si eccitano tra di loro, si ubriacano di vendetta
mi vogliono in croce,
strappano al procuratore la sentenza.
In che cosa li ho offesi che mi odiano a tal punto,
a che rancore danno sfogo su di me che sono il più vulnerabile?
Li guardo Padre come tu li guardi
ma il tuo ed il mio sguardo non sono comparabili.
Vogliono uccidere il mio divino in me
e vogliono questo in nome tuo…
Perché, Padre, talora mi domando, l’incarnazione è tra gli uomini,
perché non in altra specie
tra quelle delle tue creature visibili
e che pure ti testimoniano: gli uccelli
i pesci, le gazzelle, i daini…
Ma questa perduta specie volevi riconciliarti.
mi hai affiliato all’uomo perché, figlio dell’uomo,
trafitto dagli uomini, sanguinassi
e questo fosse il prezzo del perdono e del ricominciamento.
Deliro, non badare, aiutami, ti supplico.
**
IV – Gesù è caricato della croce
I soldati del governatore condussero Gesù nel pretorio
e gli radunarono attorno tutta la coorte.
Spogliatolo, gli misero addosso un manto scarlatto
e, intrecciata una corona di spine,
gliela posero sul capo,
con una canna nella destra;
poi mentre gli si inginocchiavano davanti,
lo schernivano: “Salve, re dei Giudei!”.
E sputandogli addosso, gli tolsero di mano la canna
e lo percuotevano sul capo.
Dopo averlo così schernito, lo spogliarono del mantello,
gli fecero indossare i suoi vestiti
e lo portarono via per crocifiggerlo.
(Matteo 27, 27-31)
*
Questa marmaglia aizzata contro di me
ignora tutto di te, di me e dello Spirito
non conosce nemmeno il motivo dello scandalo,
ha non solo in corpo un furore distruttivo da sfogare.
Sono anche questo gli uomini a cui tu mi hai mandato
e io tra loro sono venuto conoscendo in verità
ore di affetto e di dolcezza e altre di amarezza inconsolabile.
Questa brutalità mi è nuova.
Il divino che è in me, quello vogliono uccidere
questa bramosia li eccita.
Sfogare sopra un misero
e indifeso corpo umano
che hanno nelle loro mani, l’astio
d’un antico e inconfessato paragone
con la divinità, questo li esalta.
Ma altri, Padre, odiano in me la mia pochezza,
maledicono l’umiltà che ho messo nell’essere il tuo figlio,
profanando la grandezza nella quale ti pensano.
Eppure abbi pietà, perdonali.
Ho cercato di aprire la loro mente alla tua luce
con molte parabole e dettami.
Ma l’errore è enorme, devono ancora molto, molto crescere,
intanto vedi che scempio fanno
di me e che ludibrio: percosse, scherni,
insulti di ogni specie punteggiano il cammino all’uscita dal pretorio
dopo la resa di Pilato alla turba furibonda.
Ancora Padre ti chiedo se questa ignominia è necessaria.
Tutto è scritto, lo so, ma nulla è revocabile?
“Venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà” – questo ho insegnato a dirti.
“Come in cielo così in terra” ho aggiunto.
Il tuo regno non è venuto ancora.
Ecco, mi addossano una croce da portare
tra sputi e contumelie. Oh Padre,
non vedo venire a me nessuno dei tuoi angeli.
**
V – Gesù aiutato dal Cireneo
Mentre uscivano dal pretorio, incontrarono un uomo di Cirene, chiamato Simone
e lo costrinsero a prendere su la croce di Gesù.
(Matteo 27, 32)
*
Sono caduto sotto il peso,
hanno dato a portare la mia croce a un Simone di Cirene,
temevano che soccombessi,
qualcuno ha avuto un pentimento ma è stato solo un attimo.
Perché mia madre mi segue e non si allontana?
così strazia il suo cuore
e il mio non regge al suo martirio.
Perché non le ritornano alla mente
le parole di Simeone: “egli è qui per la rovina
e la resurrezione di molti in Israele,
segno di contraddizione perché siano svelati
i pensieri di molti cuori.
E anche a te una spada trafiggerà l’anima”.
Eravamo nel tempio in uno dei miei primi giorni.
Questo è l’ultimo, il più catastrofico di tutti,
rovina su di me il mio edificio
Pietro mi sta rinnegando.
Lo vedi, Padre mio, e taci. Anche tu mi stai abbandonando?
Da qui passa la via per la resurrezione,
da questi orridi luoghi.
Ancora chiedo: è volontà tua oppure a questo scempio
non hai posto rimedio, rimedio non ce n’era? Talora si perde il mio pensiero
se il tuo non lo soccorre.
Com’è solo l’uomo, Come può esserlo!
Tu sei dovunque
ma dovunque non ti trova. Ci sono luoghi dove tu sembri assente
e allora geme perché si sente deserto e abbandonato. Così sono io, comprendimi
**
VI – Gesù incontra le pie donne
Lo seguiva una grande folla di popolo
di donne che si battevano il petto
e facevano lamenti su di lui.
Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse:
“Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me
ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.
Perché se trattano così il legno verde,
che avverrà del legno secco?”
(Luca 23, 27-28.31)
*
Conoscerò la morte. La conoscerò umanamente
da questa angusta porta mi affaccerò su lei
che tu, vita onnipresente,
non conosci se non per negazione.
Tre giorni durerà per me
l’esilio che per altri non ha fine
poi la vita mi richiamerà a sé
e avrà la vittoria. È previsto fin dal principio.
Quella pausa, Padre, m’impaura: è un luogo dove tu non sei
e io da solo senza di te pavento.
Che cosa mi aspetta, chi governa
il nulla, il non presente… il non essente?
○ è un inganno della veduta umana
ciò che io impaurito ti confesso?
Devo io portare la vita dove la vita è assente
e portarla con la mia morte…
e questo è il prezzo, questo supplizio.
E così, Padre, io vanamente ti tormento.
Più che la morte è la via per arrivarvi,
la via crucis, che mi dà angoscia
perché è dolorosa e aspra nelle carni
e spezza il cuore di Maria, mia madre,
perché infame e odiosa
è la ressa di questi uomini e donne
aizzati contro me.
Mi prende e mi tormenta il dubbio
che il mio insegnamento sia fallito.
La mia permanenza sulla terra è stata vana?
È bella la terra che tu hai dato all’uomo
e alle altre creature del pianeta
scelto per loro in mezzo all’universo. Io non sono di questo mondo
eppure non potevo se non teneramente amarla
e ora quell’ amore mi si ritorce contro.
“Non è su me che voi dovete piangere”,
ho detto alle donne impietosite,
“ma sui vostri figli e su voi stesse.
La terra sarà fatta un luogo di dolore”
ma il mio sacrificio è scritto che li assolva.
Piango anche io, Signore, vedo
i miei fratelli che afflitti rifaranno questa via
nei secoli, nei millenni.
**
VII – Gesù e il pensiero della morte
Hanno orrore dime e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
A destra insorge la ragazzaglia; smuovono i miei passi
Е аppіапапо la strada contro di те per perdermi.
Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere
io grido a te, ma tu non mi rispondi
insisto, ma tu non mi dai retta.
So bene che mi conduci alla morte
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
Non bo pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l’indigente?
Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male
aspettavo la luce ed è venuto il buio
(Giobbe 30, 10. 12. 19-20. 23-26)
*
Dall’orizzonte umano in cui mi trovo
a guardare il mondo universo che hai creato
si affrontano due eternità: la tua vivente e luminosa
e l’altra senza luce e senza moto.
Anche la morte pare eterna, è duro convincerli, gli umani,
che non ci sono due eternità contrarie,
il tutto è compreso in una sola e tu sei in ogni parte
anche dove pare che tu manchi.
Tuo il regno, tua la potenza.
Tuttavia la morte è una regione dove sei, sì,
ma non vivente, inerte in un imperscrutato sonno:
questo pensano gli umani
e pensano ai demoni, pensano alla potenza delle tenebre.
Anche io, figlio dell’uomo, temo la prova che mi attende,
prescritta anch’essa dall’ eternità e irrevocabile.
Perdona i miei pensieri infermi, i miei farneticamenti
Io che in nome tuo ho resuscitato Lazzaro
ho paura e dubito che la morte sia vincibile.
Ma a questo mi hai mandato, a vincere la vittoria della morte.
**
VIII – una donna pietosamente
Non ha apparenza né bellezza
per attirare i nostri sguardi,
non splendore per potercene compiacere.
Disprezzato e reietto dagli uomini,
uomo dei dolori che ben conosce il patire,
come uno davanti al quale ci si copre la faccia.
Di te ba detto il mio cuore: “Cercate il suo volto”,
il tuo volto, Signore, io cerco
Non nascondermi il tuo volto
(Isaia 53, 2-3; Salmi 26, 8-9)
*
Perché, Padre, ti confido quanto già sai e da sempre?
ma è dell’uomo compiangersi e mendicare conforto.
Qui i soldati si uniscono alla turba
mi punzecchiano con le loro lance.
Vacillo, sto per cadere una terza volta.
Una donna pietosamente mi passa sul viso un panno umido.
Qual è il peccato di tutti questi uomini?
Lo stesso dei loro padri: il peccato di essere uomini, genia greve di Adamo.
Io lo laverò questo peccato, così è scritto,
faremo un patto nuovo, una nuova stabile alleanza:
così ho detto nella cena, perché tu mi ispiravi le parole
Il loro peccato non lo sanno,
sanno le loro mediocri colpe umane
ma il grande peccato per il quale io muoio
non lo sanno. Perdona loro anche per questo
Solo un rimorso per loro incomprensibile li attanaglia,
un antico debito con te li affligge i più puri di cuore.
Altri sono empi e commettono empietà
ma altri non si macchiano di colpe di violenza,
di stupro o ruberie
osservano la legge
ma con aridità di cuore e sono i più nefasti per il mondo.
Il loro peccato non lo sanno.
Ma tutti hanno un loro malessere nel cuore.
**
IX – Gesù e la famiglia umana
Io sono l’uomo che ha provato la miseria
sotto la sferza della sua ira.
Egli mi ha guidato, mi ha fatto camminare
nelle tenebre e non nella luce.
Ha sbarrato le mie vie con blocchi di pietra,
ha ostruito i miei sentieri.
Mi ha spezzato con la sabbia i denti,
mi ha steso nella polvere
(Lamentazioni 3, 1-2. 9. 16)
*
Padre, come vorrei fosse passato
questo tempo di appressamento
alla morte e alla resurrezione.
Sono caduto ancora sotto il peso della croce
tra sputi contumelie ed irrisioni;
ma più penoso è il cammino che attraversa
il paese della mia umana debolezza.
È un cammino solitario, nessuna pietosa lamentatrice lo compiange.
Il re dei giudei, come dicono per scherno,
non ha corte, è lasciato solo,
solo com’è solo l’uomo
in mezzo alla sua caotica famiglia.
L’ho amata la famiglia umana
finché era amabile e ben oltre.
Ho strappato alla loro i miei discepoli
per farne una più grande e santa,
ma è stata troppo fragile la costruzione
e non ha retto all’urto. Brutalmente
la mia famiglia mi rifiuta.
Eppure com’era tenero l’accordo, quando c’era
e io non ero solo il maestro o il medico prodigio
ma il fratello delle loro miserie e delle loro consolazioni.
Ma dovevo, Padre, spesso rientrare in me per ritrovarti
e ritrovare in te me stesso.
Ho posto troppa distanza tra me e loro,
ma volevano in fondo proprio questo: che io li sovrastassi
come maestro nella sapienza e nella potenza sanatrice.
Puri di cuore erano in pochi
e io ne ho molti purificati, molti.
**
X – Il male e l’innocenza
Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera
tendi l’orecchio al mio lamento
Io sono colmo di sventure,
la mia vita è vicina alla tomba.
Sono annoverato tra quelli che scendono nella fossa
sono come un uomo ormai privo di forza.
È tra i morti il mio giaciglio
sono come gli uccisi stesi nel sepolcro,
dei quali tu non conservi il ricordo
e che la tua mano ha abbandonato.
(Salmi 87, 2-6)
*
Hai voluto, Padre, conoscessi fino in fondo
il malvolere degli uomini, vedessi
il loro disamore crescere in odio e in avversione
E infatti non lo conoscevo abbastanza.
La perfidia covava in segreto più cruente brame.
La canea mi oltraggia, mi insulta, mi deride
però non può impedire
al lamento dei pietosi di arrivarmi: è flebile,
ma giunge fino a te se volessi dargli ascolto.
Ma la tua volontà è imperscrutabile.
Padre, lo Spirito parlò per bocca di Isaia:
quel che disse, lo so, è irrevocabile
“Egli si è caricato delle nostre sofferenze
si è addossato i nostri dolori
e noi lo giudichiamo castigato,
percosso da Dio e umiliato.
Egli è stato trafitto per i nostri delitti,
schiacciato per le nostre iniquità
il castigo che ci dà la salvezza si è abbattuto su di Lui
Per le sue piaghe noi siamo stati guariti.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge
ognuno di noi seguiva la sua strada,
il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti”.
Padre, il Figlio dell’uomo sente venirgli meno
l’amore per gli uomini. Sarebbe la sconfitta più penosa,
che questo non accada.
**
XI – Il lamento dei pietosi
Chi salirà il monte del Signore
chi starà nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non pronunzia menzogna
chi non giura a danno del suo prossimo.
Egli otterrà benedizione dal Signore
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca.
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe
(Salmi 23, 3-6)
*
Il panno umido sul viso
mi ha dato un breve sollievo
Sono caduto per la terza volta,
qualche braccio soccorrevole mi ha sostenuto nel rialzarmi
ma il peso per le membra che ho è troppo grave.
L’onta e il castigo della carne, questo
alla loro ferocia piace molto.
Il supplizio della misconoscenza e del tradimento
alla loro perfidia è un piacere più sottile,
lo delibano i sommi sacerdoti.
Ma ora, Padre, sono ingiusto:
ci sono anime innocenti
creature pietose che si angosciano
non si danno pace. E questi, ti prego, prediligili.
Tra loro c’è mia madre.
i sono uomini e donne di cuore che la accompagnano
e molti altri addolorati e increduli.
Sempre, dal principio fino all’ avvento del tuo regno
il bene e il male si affrontano.
Oggi va al male, secondo appare a noi, la palma.
Tra gente come loro ho seminato le beatitudini,
erano meravigliati – alcuni un giorno capiranno
ma io sarò morto e risorto
per tutti quelli che capito avranno
e per coloro che saranno rimasti chiusi nell’ottusità.
Tutti potranno essere salvi, così vuole l’Alleanza.
Ma dove andiamo, dove va questa trista processione?
Mi conducono a un’altura.
**
XII – Gesù e la terra degli uomini
Giunti a un luogo detto Golgota.
Che significa luogo del cranio,
gli diedero da bere vino mescolato con fiele
ma egli, assaggiatolo, non ne volle bere.
Dopo averlo quindi crocifisso,
si spartirono le sue vesti tirandole a sorte
(Matteo 27,33-35)
*
Padre mio, mi sono affezionato alla terra quanto non avrei creduto.
È bella e terribile la terra
lo ci sono nato quasi di nascosto,
ci sono cresciuto e fatto adulto
in un suo angolo quieto
tra gente povera, amabile e esecrabile.
Mi sono affezionato alle sue strade,
mi sono divenuti cari i poggi e gli uliveti,
le vigne, perfino i deserti.
È solo una stazione per il figlio tuo la terra
ma ora mi addolora lasciarla
e perfino questi uomini e le loro occupazioni
le loro case e i loro ricoveri
mi dà pena doverli abbandonare.
Il cuore umano è pieno di contraddizioni
ma neppure un istante mi sono allontanato da te
ti ho portato perfino dove sembrava che non fossi
o avessi dimenticato di essere stato.
La vita sulla terra è dolorosa,
ma è anche gioiosa: mi sovvengono
i piccoli dell’uomo, gli alberi, gli animali.
Mancano oggi qui su questo poggio che chiamano Calvario.
Congedarmi mi dà angoscia più del giusto.
Sono stato troppo uomo tra gli uomini oppure troppo poco?
Il terrestre l’ho fatto troppo mio o l’ho rifuggito?
La nostalgia di te è stata continua e forte,
tra non molto saremo ricongiunti nella sede eterna.
Padre, non giudicarlo
questo mio parlarti umano quasi delirante,
accoglilo come un desiderio d’amore,
non guardare alla sua insensatezza.
Sono venuto sulla terra per fare la tua volontà
eppure talvolta l’ho discussa.
Sii indulgente con la mia debolezza, te ne prego.
Quando saremo in cielo ricongiunti nella Trinità
sarà stata una prova grande
ed essa non si perde nella memoria dell’eternità.
Ma da questo stato umano d’abiezione
vengo ora a te, comprendimi, nella mia debolezza.
Mi afferrano, mi alzano alla croce piantata sulla collina
ahi Padre, mi inchiodano le mani e i piedi.
Qui termina veramente il cammino
Il debito dell’iniquità è pagato all’ iniquità.
Ma tu sai questo mistero. Tu solo.
**
XIII – È di uomo infatti l’estremo pensiero
Stavano presso la croce di Gesù sua madre.
la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala,
Gesù allora, vedendo la madre
e lì accanto a lei il discepolo che egli amava
disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”
Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”.
E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa.
Dopo questo, Gesù sapendo che ogni cosa
era stata orami compiuta
disse per adempiere la Scrittura: “Ho sete”.
Vi era lì un vaso pieno d’aceto;
posero perciò una spugna imbevuta di aceto in cima a una canna
e gliela accostarono alla bocca.
E dopo aver ricevuto l’aceto
Gesù disse: “Tutto è compiuto!”.
E, chinato il capo, spirò
(Giovanni 19, 25-30)
*
Subentro io testimone della passione.
Gesù svenuto è in croce fra altri due condannati.
A tanto avvilimento ha scelto di abbassarsi.
Ma il bene e il buono fioriscono talora nell’infima lordura.
Sono ai due lati i due ladroni. Uno irride alla sua impotenza.
“Sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi”.
L’altro lo segue nella sua passione e redarguisce il compagno di pena:
“Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena:
noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni.
Egli invece non ha fatto male alcuno”.
Poi dice: “Gesù ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”.
Gesù ripresi i sensi lo rassicura. “Stasera sarai con me in paradiso”.
Le guardie si dividono in quattro i suoi indumenti,
se li giocano a sorte sopra la sua tunica.
Infuria la misconoscenza, s’abbuia la stortura della loro ragione.
O sei tu, Signore, che vuoi perdere questi uomini?
Dove sono i fedeli di Gesù? Pochi sono rimasti sulla scena.
Lo sgomento e la paura hanno fatto il vuoto,
Tre donne stanno presso la croce: sono Maria sua madre
Maria di Cleofa, Maria di Magdala.
Dall’alto della croce Gesù guarda sua madre distrutta dal dolore, dice
“donna ecco tuo figlio” e indica Giovanni
e poi voltandosi al discepolo: “ecco tua madre, abbi cura di lei”.
Si stringono legami tra creature
nel segno dell’amore di Gesù
mentre il mondo di prima va in rovina.
Gesù ha sete,
gli portano alle labbra una spugna imbevuta di aceto.
“Perché Padre mi hai abbandonato?”.
È il suo ultimo grido umano,
È di uomo infatti l’estremo pensiero del Figlio dell’uomo sulla terra.
Consummatum est.
**
XIV – Resurrectio
Giuseppe di Arimatea, preso il corpo di Gesù
lo avvolse in un candido lenzuolo
e lo depose nella sua tomba nuova,
che si era fatta scavare nella roccia,
rotolata poi una gran pietra sulla porta del sepolcro, se ne andò.
Erano lì, davanti al sepolcro, Maria di Magdala e l’altra Maria
(Matteo 27, 59-61)
*
Gesù è morto.
Il cielo si oscura, l’aria si ottenebra
un boato immane, un sussulto spaventoso, il terremoto scuote e squarcia la terra.
La vita si ritrae in sé, rientra nelle sue latebre, nei suoi ricoveri.
Comincia il pomeriggio più angoscioso che mai sia stato al mondo.
La sera un discepolo nascosto, il ricco Giuseppe di Arimatea,
si fa avanti e chiede a Pilato il corpo di Gesù.
Pilato lo concede.
Deposto dalla croce, avvolto in un lenzuolo è sepolto nella tomba
che Giuseppe si era fatto scavare nella roccia.
Un masso viene fatto rotolare subito a chiudere l’ingresso.
Tutto in fretta, prima che la Parasceve finisca e il sabato cominci.
Sabato è passato.
Presto nella mattina vanno alla tomba le donne portando aromi,
ma trovano il macigno rotolato via lontano,
entrano nel sepolcro ma Gesù morto non c’è.
“Perché cercate tra i morti colui che è vivo?”
esclamano due angeli in vesti sfolgoranti apparsi all’improvviso.
“Non è qui, è resuscitato”.
Corrono ad annunciarlo agli apostoli stupiti e increduli.
**
Dal sepolcro la vita è deflagrata.
La morte ha perduto il duro agone.
Comincia un’era nuova:
l’uomo riconciliato nella nuova
alleanza sancita dal tuo sangue
ha dinanzi a sé la via.
Difficile tenersi in quel cammino.
La porta del tuo regno è stretta.
Ora sì, o Redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto,
ora sì che invochiamo il tuo soccorso,
tu, guida e presidio, non ce lo negare.
L’offesa del mondo è stata immane
Infinitamente più grande è stato il tuo amore.
Noi con amore ti chiediamo amore.
Amen.
**
La “Passione. Via Crucis al Colosseo” è un libretto poetico scritto da Mario Luzi in occasione della Pasqua 1999 ed è stato letto da Sandro Lombardi e Lucilla Morlacchi durante la liturgia pasquale celebrata da Giovanni paolo II al Colosseo il venerdì Santo del 02 Aprile 1999.