Book Editore 2023
Fluisce attorno l’universo, e l’umano vi muove le braccia nell’agire, mandando in propria rappresentanza di concretezza un io abile e idoneo, arruolato alle necessità pratiche dei giorni; nel contempo la creatura archivia sensazioni in una coscienza profonda, infinite volte sovrascritta, demente di sapienza e memoria, di profluvî e ridondanze sensoriali. Tale serbatoio inesplorato, nel perenne dialogo con la sagoma esterna, epidermica, la scuote al dire, lasciandola esausta di trasparenza.
Frontale essere qui, e un retro di pagina che, nel radicare, scardina; nel percepire, dissolve. In cui un paesaggio diafano, ferito da crateri di presentimento, affonda in labili convergenze, trafitte da lapilli di sconcerto.
Nel punto di interfaccia, linea di discrimine tra l’attitudine frontale alle cose e quella ripiegata sul retro, rapprende la più recente parola poetica di Laura Caccia (La terza pagina, Book Editore 2023).
Partitura che risuona in disegno melodico primario e secondario, notazione posata e chiosa celere, dissolta in corsa; documento animico in cui, se il tondo rileva, il tratto corsivo fa responso coreutico: approfondisce e sfuma il dire, rendendolo più remotamente prossimo, più scosceso. Sguardo di profondità ulteriore, sfocato per suprema attenzione.
La struttura dell’opera in canto e controcanto, salmo e antifona, fa metafora formale: via di sintesi alla terza pagina che dà nome e auspicio al gesto morale, ancor prima che letterario, di Laura Caccia.
La scrittura del poeta qui aggetta su un territorio espanso ma gracile, privo di scansioni e gravitazioni, dove nessuna personalità ha luogo, né alcuna coordinata pretende distinzione.
La Terza pagina dice l’incomunicabilità, l’imperfezione, la finitudine: sa di un agone gremito di figure spettrali malate di andare, inette al vedere, in cui tuttavia instancabilmente germina una parola ancora informe, imbozzolata in reflua cecità; eppure già sorgiva, segnata dalla potenza di una nuda premura.
Accogliere l’impermanenza di ogni incarnata bellezza, sapere che più il disgregarsi che il germogliare ci riguarda, sentire la carezza di quei brani di altrove che ci ricordano una remota patria dello spirito: una percezione che trova raggio e fioritura dove ancora si vive la latitanza, “in controtempo”, nella parola che pulsa sincopata rispetto al quadrante dei giorni.
Dal recto verso di presenza e reminiscenza, dalla chiaroscurale duplice pagina che patisce il pieno e il vuoto, il nitido e il confuso, germoglia una terza pagina che è “totale affidamento al sentire dell’interezza”, radice che sa l’origine eppure si protende in esistenza, assaporandone la tensione dello strappo. Nudo ardire, unica via data, il vivente che fa soffio della propria esaudita fragilità: “affrescare con tratti di fulgore il corpo precario e ferito dell’esistere. Farne intuire l’intero. Dipingere la luce ancora bagnata. Osare scrivere di felicità”.
*
Da Laura Caccia, La terza pagina, Book Editore 2023
andare a rotoli
ridere la pietra che in
ombra sbrana un dolore muto
in soffio all’inatteso
nell’abbandono dei corpi
qualcosa torna intero tra
i ciottoli arrotolati all’acqua
nei loro suoni concentrici
a rotoli sul rosso del foglio
tutta la bocca in queste acque buie – la pagina sporcata
– nei precipizî in fiorire – nel nevischio indiviso tra
i rami – ancora informe – messa a frutto dal gelo
limpido estremo
*
fino all’improvviso
il secolo rimasto nel suo
cappotto spento non scende
dal treno dei deportati
gli oggetti creduti innocenti
a bruciapelo nei centri
commerciali tra i simulacri
opachi tutti i soprusi
tutte le elegie a basso costo
nei nomi sporcati – farsi sangue del sangue cenere di
cenere – la pagina brucia sulle bocche profughe – tra
gli inferni a frantumi – dentro il più chiaro mattino
*
eppure la realtà dilaniata sbalzata dagli abbracci le
notizie lontane da qui non lontane quanto basta
all’indifferenza dei glicini
quasi un sospetto ogni vocazione di inizio a
intuire musiche e foreste ceneri indizî quando dici
cammino sui tetti nel respiro degli alberi in ogni
omissione nel nostro cuore d’ombra
in punta di nulla ogni odore tremore / tutto l’altro che
insiste / all’orizzonte la sua doppia sorte / ogni parola
sedotta / a suo modo / in indici in morti di frodo
*
all’acqua non importa
questo intrico di terre e tronchi
sprofondati tra
coralli d’ossa fami eterne
ma la sabbia non versata
l’amaro del silenzio
in superficie
troppo peso per l’ombra
del mare emersa
sommersa
nel chiaro colmo di sprechi e carestie – il dire
imperdonabile – nella profanazione di ogni cosa e
questo retro – il segreto in canto – il lato da cui si
comincia a morire
*
essere la folla di noi stessi la terra malferma che
disbosca i suoi eccessi con gli occhi abbeverati
degli inverni
nel vento che sfibra l’erba il respiro si inventa la
notte veglia il silenzio apparente delle stelle
i marciapiedi risalgono la ressa / nei solchi seminati
in superficie / l’epica incessante fuori luogo / non a
caso appassiscono apocalissi / gli abissi parcheggiati
sui fondali
*
lasciaci il dubitare il posto
sbagliato il controcanto nei secoli
stranieri i fuochi
la polvere le risa il sorgere
del sole a voce bassa
l’incauto la cicatrice
di tutto l’impermanere
lasciaci per radice
l’alfabeto
e cenere la neve
la pagina genera la pagina – mondi dentro i mondi –
a rischio l’origine che arde – e mille braci e prati non
bastano – per i paesaggi imbiancati intorno
*
fuori pagina 4
epifanie d’estate la scomunica dell’aria il punto di
erosione le sommosse dell’azzurro tra filari di figure
nell’amnistia dorata del fogliame le sfide estranee
gli attriti le afasie
la voce non ci basta / eppure non potrà che essere voce
/ il nostro dire spartito / l’incauto che ci devasta / tra
precipizî e labirinti / non ci assolve / dare voce al
dolore dei vinti
*
azzerato l’io superstite l’azzardo gemello un
assente lo stesso ripetere altro senza colpo ferire
senza morire
nelle periferie degli sguardi l’ombra nel fitto di
metafore precarie per le notti umane
non diremo di cadute di innocenze / di nomi sospetti
/ di mosse e di alleanze / nell’agone del finito / al
cuore di ceneri e pulviscolo / il tepore dei corpi invece
/ farci caso
*
Laura Caccia, laureata in filosofia presso l’Università agli studi di Torino, con una tesi di estetica, relatore Prof. Gianni Vattimo, segue il laboratorio d’arte di Varallo Sesia con il Maestro Lino Tosi e si dedica per diversi anni alla pittura.
Il passaggio alla poesia avviene con Asintoti (Opera prima, Anterem – Cierre grafica, 2004).
Nel 2012 si aggiudica il Premio “Lorenzo Montano” per la raccolta inedita con D’altro canto (Anterem edizioni, 2012).
Fa parte del Comitato di lettura di Anterem Edizioni, con la direzione di Ranieri Teti, e della giuria del Premio di poesia e prosa “Lorenzo Montano”, ed è nella redazione della rivista “Osiris”, diretta da Andrea e Robert Moorhead, con sede a Greenfield, Massachusetts. USA.
Vive a Borgosesia, in provincia di Vercelli