Eternità di Dio e brevità della vita dell’uomo


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Salmo 90 (89) traduzione CEI 2008
Eternità di Dio e brevità della vita dell’uomo


1 Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.

Signore, tu sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.

2 Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, o Dio.

3 Tu fai ritornare l’uomo in polvere,
quando dici: “Ritornate, figli dell’uomo”.

4 Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

5 Tu li sommergi:
sono come un sogno al mattino,
come l’erba che germoglia;

6 al mattino fiorisce e germoglia,
alla sera è falciata e secca.

7 Sì, siamo distrutti dalla tua ira,
atterriti dal tuo furore!

8 Davanti a te poni le nostre colpe,
i nostri segreti alla luce del tuo volto.

9 Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua collera,
consumiamo i nostri anni come un soffio.

10 Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
e il loro agitarsi è fatica e delusione;
passano presto e noi voliamo via.

11 Chi conosce l’impeto della tua ira
e, nel timore di te, la tua collera?

12 Insegnaci a contare i nostri giorni
e acquisteremo un cuore saggio.

13 Ritorna, Signore: fino a quando?
Abbi pietà dei tuoi servi!

14 Saziaci al mattino con il tuo amore:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.

15 Rendici la gioia per i giorni in cui ci hai afflitti,
per gli anni in cui abbiamo visto il male.

16 Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e il tuo splendore ai loro figli.

17 Sia su di noi la dolcezza del Signore, nostro Dio:
rendi salda per noi l’opera delle nostre mani,
l’opera delle nostre mani rendi salda.

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Salmo 90 (89) traduzione di Davide Brullo

Preghiera
di Mosè uomo di Dio

Potente
in ogni era
tu sei la roccia

prima che i monti scaturissero
che tu partorissi la terra e i mondi
                                   da infinito a infinito
                                                          tu sei Dio

alla polvere fai rincasare l’uomo
poi dici
           tornate figli dell’uomo

mille anni ai tuoi occhi
sono un giorno che scorre
una veglia nella notte

li travolgi
sono un sogno
erba che al mattino sboccia

all’alba fiorisce
è rigogliosa
di sera si falcia
infine dissecca

la tua ira ci ha sterminati
la tua rabbia ci terrorizza

ci hai marchiato con la colpa
i nostri segreti si sgretolano
sotto il tuo volto che è luce

la tua ira ci ha mangiato i giorni
come un sospiro
cono sfumati i nostri anni

i nostri anni sono settanta
ottanta per i forti
fitti di vanità e dolore
passano presto
                      svaniamo

chi conosce la forza della tua ira
il selvaggio timore da tributarti?

insegnaci a contare i nostri giorni
nel cuore entrerà sapienza

torna Yhwh
            ma quando?
consola i tuoi servi

cibaci al mattino
con il tuo amore
ogni giorno gioiremo

tutti i giorni del dolore
gli anni scanditi dal male
altrettanti concedici di gioia

mostraci i tuoi atti
il tuo splendore
balugini sui tuoi figli

la grazia del Potente nostro Dio
                                              cada su di noi
cementi l’opera delle nostre mani
consolida l’opera della nostre mani

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Salmo 90 (89) traduzione di David Maria Turoldo
Tornate, o figli dell’uomo

«I mondi volano. Gli anni volano. Il vuoto
universo ci fissa con occhi di tenebra.
E tu, anima stanca, anima sorda
ti ostini a parlare di felicità.
Che cosa è felicità? Le frescure serali
nel giardino che imbruna, nel fitto del bosco?

O le cupe, viziose delizie

del vino, delle passioni, della perdizione dell’anima?
Ti svegli, e di nuovo un folle, ignoto
volo che ti afferra il cuore…
Ma quando la fine?

Come tutto è terribile! come tutto è selvaggio!»
(A. A. Blok).


Ma è un dono divino anche la morte. Pure se Dio è l’amante della vita, e più ancora egli
stesso è la Vita. Per noi il non morire sarebbe il massimo della infelicità, sarebbe l’eternità
dell’esilio; un sospirare senza esaudimento; un viaggiare senza porto. Perciò lodiamo Dio

che a un punto ci dirà: Tornate o figli dell’uomo.

Perdonaci, Signore,
se ci siamo lamentati un tempo
perché si moriva.
Perdonaci se non abbiamo saputo

essere felici
come tu volevi.
Perdonaci, Signore,
se non abbiamo capito.
Perdonaci.

È la morte l’albero della bilancia.
È la morte il porto della salvezza.
È la morte l’ingresso al tuo palazzo.

1 Nostra tenda tu fosti, Signore,
da una generazione all’altra:
2 prima ancor che sorgessero i monti,
che apparisse la terra e il mondo
tu sei sempre e per sempre, o Dio!
3 Tu riduci gli uomini in polvere,
dici: «In polvere, uomo, ritorna!».
4 Mille anni ai tuoi occhi che sono?
Sono appena il giorno di ieri,
quanto un turno di veglia la notte!
5 È appena lo spazio di un sogno
e poi come in un sogno li sciogli:
come erba che spunta sull’alba,
6 al mattino germoglia e fiorisce,
alla sera è falciata e riarsa.
7 Così siamo dissolti dall’ira,
atterriti dal tuo furore;
8 e davanti a te poni le colpe,
i peccati a noi stessi occulti
alla luce tua son manifesti.
9 Se ne vanno nel nulla i giorni,
per tua ira finiamo nel buio;
gli anni nostri appena un sospiro,
10 se arrivano almeno a settanta,
ottanta se uno è più forte.
Ma per tutti son pena e affanno,
benché sempre in fuga veloce
e noi in essi dissolti come ombre!
11 Chi conosce la forza dell’ira,
del tuo sdegno con vero timore?
12 Dio, insegnaci i giorni a contare,
a cercar la sapienza del cuore.

13 Fino a quando, Signore? Ritorna
a sentire pietà dei tuoi servi:
14 fin dall’alba il tuo amore ci sazi !
Tutto il giorno così gioiremo,
canteremo per sempre alla gioia:
15 muta in gioia le tristi stagioni, –
i lunghi anni in cui vivemmo
solamente sventure e dolori.
16
Ai tuoi servi l’amore rivela,
la tua gloria ne illumini i figli:
17 lo splendore di Dio su noi!
E conferma la nostra impresa,
Dio, conferma tu l’opera nostra!


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L’immagine di copertina è: Giusto de’ Menabuoi, La vocazione di Andrea e Simon Pietro, 1375-1376, Battistero di Padova