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Interno Libri Edizioni 2025
Ripida e lucente, Adriana Tasin in Voragini d’azzurro si libra in quota, tra scoscese nitidezze e cristalline percezioni: cuspidi semantiche e inerpicati tremori a interiorizzare l’azzardo del vertice, aderendo a cremagliere di luce.
Nel “labirinto carsico” della parola-enigma, scaturita in pura, precipite verticalità da intime grotte d’ombra, nel “tempo breve” dell’incendio, la prova è filiforme: diminuirsi “contro parete”, disciolti nel fulgore.
Si è grati a un’opera come questa, che non nega gli stenti dei “gradini di sole”, ma tutto celebra e tiene caro nell’ascolto, illuminando le preziosità del reale dal sacrificio dell’altezza. “Giovinezza spalancata”, erto cammino: nudo e assorto, per ascese e feconde solitudini, verso quella “trasparenza della nascita” ribadita nell’incanto, nella liturgia che veglia la vertigine.
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*
la parola urlata illeggibile [solo sentita
nel vago]
diseppellirono i poeti e gli alpinisti i
dissensi, ritrassero le carte copiative
nel secchio occhi recisi sassi lungo
i ghiaioni; la montagna matrioska
partorì frane, voci d’acqua cascate da
grotte buie, ciechi ci addentrammo
a tentoni nel labirinto carsico
disponendoci con torce di fuoco
*
sebbene fossimo ciechi
ci fu assegnato il potere di vedere
con le dita – per un tempo breve
l’incendio dello sciame di pietre
osammo acrobazie per annodarci alla
morte nostra sposa
*
erano cattedrali di pietra concatenate a
gole forse abissi d’azzurro, pozzi
di fuoco c’eravamo noi soli lassù,
altri non salivano, perché? perché
ci gridavano pazzi? e ci amavano e
accendevano lumi, sentivano la nostra
assenza, il nostro ascendere a tremori,
le oscillazioni minime, le nostre ossa
farsi minute conficcarsi nei loro cuori
*
alla base della parete tu misuri
– a palmi d’occhi –
le linee immaginarie verticali
con la testa nelle vertigini
fai presa nell’aria
mani vuote quasi ali
quasi sali
*
d’improvviso compi il gesto distendi
il corpo sulla roccia resti
a cercare il battito gelato l’accoppiamento
| corpo vivo | roccia nuda |
sei paesaggio e ti confondi nell’immenso
nel dettaglio
di una parete assolata
*
pietrificato nell’istante della fotografia
sei eterno, desiderio, sei giovinezza spalancata
sei uccello in volo a tre ali
mentre salti quasi cadi ancora sali
*
hai tracciato l’ultima via in discesa chiodi di neve
quella che va dalla fronte allo sterno
e poi da spalla a spalla a fare croce traverso
l’anima si sparpaglia non sosta osa
*
spolvero il grano con la mano, mentre il veleno cade a
neve nel gelo provvedo a resistere, a salvare acini con semi
rigenerare proteggere il verde delle iridi del Mediterraneo
le varietà antiche chiuse in camera di conservazione, le
labbra antiche sigillate al detto, e l’ultimo bacio staccato
dalla finestra aperta al bosco, all’ululare del branco di lupi;
erano cari ricordi, vividi oggi nella morgue, riva del fiume
che conosce solo pupille dilatate, e ora te, straniero alle
acque; e intanto mi cresce negli occhi dell’ascolto un’alga
gelida, scivolano ai piedi come ombre:
le onde la sorte l’amore
*
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Adriana Tasin è nata a Tione di Trento, nel 1959. Si è laureata in Scienze Naturali all’Università di Bologna, e fino al 2021 ha insegnato discipline scientifiche in Val Rendena, dove tuttora vive: a Madonna di Campiglio, nel cuore del Parco Adamello Brenta, ai piedi delle Dolomiti. Ha pubblicato le raccolte Il gesto è compiuto (puntoacapo Editrice 2020) e Fatti reali immaginari (Arcipelago itaca Edizioni 2022). Suoi testi, editi e inediti, sono apparsi in blog letterari, giornali, riviste e antologie; alcuni sono stati tradotti in spagnolo da Antonio Nazzaro per il Centro Culturale Tina Modotti, e per le Scuole di Poesia di Cuba in occasione della trentesima edizione del Festival Internazionale della Poesia dell’Avana.