puntoacapo Editrice 2024
prefazione di Silvia Comoglio



Dalla prefazione:

Essere sensibile alle minuscole, ossia essere sensibile all’ascolto di tutto ciò che si colloca nel reale e che delinea e costituisce il reale.
[…] Il sensibile qui è la condizione, il medium, che, liberandoci da artificiosi sistemi di pensiero, si misura con strutture altrettanto complesse e articolate, ma di natura squisitamente oggettiva e radicata nel quotidiano […] apparentemente di secondaria importanza, minuscole. Apparentemente, appunto. Perché, come ci dimostra Enea Roversi, il secondario ha radici profonde e ha una sua interiorità capace di dialogare e relazionarsi, e il soggetto che si fa partecipe di questo dialogo, senza destrutturare la propria soggettività, entra in una dimensione il cui stato e disegno accelera la nostra capacità di uscire da bordi e confini precostituiti, siano essi temporali, spaziali o semantici. Ci troviamo così di fronte a uno spostamento / ridefinizione di strutture che trova in quel sensibile la sua anatomia, la chiave per ampliare le maglie dell’esistenza, e in quel minuscole la materia per attualizzarci in altri spazi critici estetici e linguistici.
[…] Moto e scorrevolezza, dunque, come parti essenziali di un processo inarrestabile per il modo in cui fagocita il reale e riconfigura il linguaggio e il suo tessuto ontologico e veritativo. Una riconfigurazione linguistica di cui Enea Roversi ha piena consapevolezza e di cui ci mostra con generosità e sapienza il lucido tessuto, la fitta trama dei suoi sottilissimi fili. Un gesto, quello di Enea Roversi, che non è solo presa di coscienza del reale e dei suoi multipli piani di osservazione, ma che è anche adesione completa al linguaggio, meglio ai linguaggi, e alle loro svolte. Perché essere “sensibile alle minuscole” significa questo: attraversare le crepe del reale distillando da ogni crepa il suo linguaggio, e fare poi in modo che le crepe/linguaggio diventino vasi comunicanti, diventino l’archetipo di un reale in continua riconfigurazione etica ed estetica. Un archetipo e un reale totalmente immersi in un olismo linguistico e conoscitivo in cui, perennemente e insaziabilmente, “il pensiero andrà crescendo” e lo farà come “mitralico momento” e “mnemonico memento”.

Silvia Comoglio


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Sono versi di ampio respiro metrico, di vario paesaggio e vasta portata meditativa quelli di Enea Roversi nella suo Sensibile alle minuscole (puntoacapo Editrice 2024, prefazione di Silvia Comoglio). Componimenti talora eversivi, frementi di contemporaneità, pregni di riferimenti iridati e itineranti, tra immagini arcane felicemente temperate a ironia, agilità intellettuale e pronto approdo materico.
Una ricerca del cruciale che resta – del puntiforme, del nodo sul retro dell’ordito, del punto irrisorio e risoluto – salda a dire il senso.
Scavare fino al fragile abisso, nido precario che conosce lo scarto, l’album dei peccati, la sconosciuta dimensione che salva. Il poeta scandaglia l’esistente, rilevandone le flessioni, le esiguità, le minuscole sottrazioni  o riduzioni che ne ribadiscono modo e tensione armonica, verso: come nella notazione musicale di una melodia l’armatura di chiave porta l’insieme delle alterazioni che determinano la tonalità dello spartito.
Nel campo del movimento vitale, un reale elusivo ma urente nel graffio mantiene collassati e ammutoliti, al cospetto di presenze esangui e impalpabili in espansione; dunque andare all’essenza, sembra dire il poeta, è scavare il buio, l’ambiguità: un avanzare verso il fondo, retrocedere alle profondità della propria abolizione per essere restituiti annientati, rinati al marginale, al miliare che è l’esattezza intima di cui l’essere è puntinato. Questo il segreto fradicio e abissale del sopravvissuto.


Fotografia di Pierre Pellegrini

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Da: Sensibile alle minuscole (puntoacapo Editrice 2024)

crocevia

il venditore di rose incontra la dea dell’amore
rannuvola il cielo, forse domani pioverà
un nome sconosciuto chiama alla finestra
s’affaccia una figura altrettanto sconosciuta
al crocevia del mondo si azzuffano i felini
la polvere si accumula su tavolo e comò
freddo improvviso azzanna, la gola si fa secca
la macchia sull’asfalto è un petalo caduto

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imago

imago capovolta      colore rosso scuro
edera arrampicata       su muro screpolato
atrocità commessa        bicchiere mezzo vuoto
riflesso che riappare        in lucido fulgore
le porte sono aperte           le menti ancora poco
ingresso riservato          a chi non ha paura
in fondo immaginare          non costa mica tanto
un filo rosso scuro        e un’edera che cresce
capovolta imago         dell’abbattuto muro

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verso dove

per filo e per segno
per altri versi
seguendo i canoni
è un logico attraversamento
ma non richiede attenzioni
ulteriori la rimarcabile distanza
approssimazione che scolora
si demarca cerca d’imporsi
come fibrillazione atriale
scompagina le parole
il canto e la decantazione
il filo aggrovigliato
il segno inchiostrato
verso dove non si arriva
e non arriva il segno
e non arriva la parola
e si stacca il pensiero
nello scarto del verso

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ego te absolvo

quantum di sole desiderato: ora
implosione di macchia e di riverbero
in nube     tua colpa ego te absolvo
implode implora il coro dei salvati
ride e redime l’anima corriva e impura
album dei peccati in affastellato ordine
numerati in cornice (presto riordinati)
ego te absolvo la macchia implosa
voce allineata all’ombra del sole
in tua similitudine semper speranza occlusa

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i sopravvissuti

non fiori né opere di bene per noi sopravvissuti
dateci la corona d’alloro e poi quella di spine
traverseremo il fiume spaccato in due dal gelo
scaleremo torri d’avorio e la montagna sacra
osservate bene dalla cima giù fino al fondo nero
scoppiano le ginestre come in un film già visto
la vita chiama a sé la vita chiama adesso
sopravvive il domani spacciato per futuro

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Confessione

ho un amore che non posso confessare
ho un reddito che devo dichiarare
faccio testa o croce ogni mattina
tra la mia coscienza e il mio intelletto
un nesso o un ricavo non li ho mai trovati
neppure una minima sacra motivazione
la cronaca dei dissesti s’è ormai infittita
è leggendaria ormai la mia rassegnazione
rifiuto l’artificio e i giochi di prestigio
mi tange la banalità del male che dilaga
ma provo indifferenza per l’astrologia
la numerologia e gli scatti in busta paga
per ora smetto i panni del santo bevitore
domani indosserò il saio monacale
e se il reddito cala non me ne può calare
frantumo come sempre sogni e cuore
mi rimane un segreto fradicio e abissale

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le mani

scava con le mani ora scava più forte
per arrivare al centro della terra
al cuore all’essenza al nucleo estremo
cavalca le onde dell’oceano rovesciate
scruta il volo della farfalla al polo opposto
più forte scava più forte con le mani ora
è un fragile abisso il centro ritrovato
è una bocca che mastica l’anima e la sputa
scava più forte dentro lo spazio ignoto
un sipario di nera nebbia si alzerà
a mostrare una sconosciuta dimensione
fatti trovare pronto e prima lavati le mani

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tracce

non si vedono neppure da vicino da così vicino
le tracce dei fuggitivi le loro tracce perdute
una fila d’ombre paradossali e opache
neppure da cosi vicino si riesce a puntare
l’occhio sull’orma ferma distanziata
dal traguardo che pare sempre più lontano
l’intrecciarsi del filo spinato con le vene
fiato sul collo e segni sbiaditi a monte
si arroventano i graffi sopra l’ecumene
un tempo collassato ci sorprende muti
di fronte all’espansione immateriale

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Enea Roversi è nato a Bologna, dove vive. Si occupa di poesia da molti anni e ha collaborato con diverse realtà. È stato pubblicato su antologie, riviste e blog letterari, premiato in numerosi concorsi e ha partecipato a letture in rassegne e festival. Le ultime raccolte pubblicate sono: Incroci obbligati (Arcipelago Itaca 2019), Coleoptera (puntoacapo Editrice 2020, Premio Città di Acqui Terme 2021) e Incidenti di percorso (puntoacapo Editrice 2022). Si occupa anche di arti figurative (collage e tecnica mista).
Fa parte dello staff del festival Bologna in Lettere. Gestisce il sito www.enearoversi.it e il blog Tragico Alverman.