Capire Edizioni 2024
Collana I Passatori, diretta da Davide Rondoni
Prefazione di Sauro Albisani
Dalla prefazione:
Se si vogliono nominare due fonti dell’universo poetico di Michela Silla, sono la luce e il vento. In comune hanno quella spinta centrifuga […] che partorisce una sintassi mai rigida, sempre pronta a dissolversi, a risolversi in parola isolata, isolana, quasi il presentimento di una sonorità prelogica […] che tornerebbe a far sprofondare la città – e la sua storia – nella perennità della natura. Luce e vento sembrano poter disperdere il peso semantico di questa poesia, trasformandosi in nitore e in una rapidità di dizione che quasi non dà tempo al pensiero di concludersi, di toccare un compimento. Ne è prova il prevalere della paratassi sulla subordinazione, che accentua l’impressione di percepire una voce primitiva, una voce che istintivamente cerca sempre di togliere ornamenti al discorso, di limitarsi all’essenziale.
[…] In più di una pagina si ha la conferma che la poesia della Silla ha bisogno della reticenza per essere autentica. Reticenza – e non di rado stile nominale – quanto al filo del discorso poetico; musica elementare, senza abbellimenti o cedimenti a una troppo facile melodia, quanto al suono.
[…] Forse si può azzardare nel rispondere alla frase che dà il titolo alla raccolta riconoscendo che nelle città di mare c’è quasi un paradosso – la perennità del mutamento, ed è nella perennità del mutamento che si apprende che nulla si perde. Forse è questo il messaggio implicito, nascosto nella circolarità dell’incipit: “C’è sempre vento, i tetti bassi / sotto il cielo aperto e vasto / si inchinano // davanti a chi è rimasto / in questa terra di azzurro e malìe”, e della coda dell’opera: “Maestrale spezza i rami, / il cielo è fermo, / non cede”.
Un’opera che comincia e finisce proprio sotto il segno del vento. Il vento vivifica il nitore della luce, la spoglia d’ogni velo, la svela nella sua origine cosmica, che è semplicemente amore.
Sauro Albisani
*
Da: Cosa c’è di vero nelle città di mare (Capire Edizioni 2024)
Estate airone
estate volo notturno
da quale taglio nel buio
arriva la luce?
E quando voci accalcate
dai bar, dalle gelaterie
la sera abbassano il volume
e si diramano nelle vie
resta un’eco stanca
e tepore sui muri
per la vita piena
la vita tutta,
sembrava niente.
*
a E.
Notte, estate, lampi
di luce da case intorno.
Tredici anni si sono rincorsi,
quel che non sai ti esplode negli occhi.
Non mi stanco di guardare
lo chignon da ballerina
le spalle barca a vela
la fiducia che incanta
l’ombra, il giglio
sulla fronte bianca.
*
Prestiamo gli occhi al cielo
quinto mese dell’anno,
a Firenze non piove più.
Urla la primavera,
noi muti.
Scintillano
ponte ciottoli soffioni
luna chiese vino rosso.
*
La testa sulle mie ginocchia
occhi farfalla
volto alba
dove tutto inizia
ora e sempre.
Mi chiedi le rondini dove vanno,
se si perdono.
*
Ascolto i battiti,
colpi confusi sregolati
sul tamburo del petto.
Ti abbraccio e si posano
sulla tua schiena,
restano fuori, lì incollati.
Il cuore vuole respirare.
Deve esagerare.
*
Amore gigantesco, ti guardo
e penso a quando morirò,
non ti avrò perso
e morire andrà bene.
Ti scrivo con il mormorio dell’onda
che ride
ride d’amore,
figlio mio dell’universo.
*
I passi che hai fatto
verso me controvento,
le porte del treno
su nero feroce.
Sono oceani
le strade che prendi.
*
Non vinceranno
la foglia secca sul ciglio della via
o i muri grigi di periferia,
ma l’abbraccio, la preghiera,
l’odore del pane,
la dolcezza della sera;
la mattina presto l’aria pungente
che dice: sei ancora qui
e non hai capito niente.
*
Michela Silla, nata a Cagliari nel 1984, è laureata in Lettere e ha conseguito il Dottorato di Ricerca in Filologia, Letteratura italiana e Linguistica. Attualmente vive a Firenze e insegna italiano lingua seconda e strategie creative per gli insegnanti di lingua Ha pubblicato Limpida a guardare (Transeuropa Edizioni, 2022) e i suoi testi sono apparsi in alcune riviste letterarie. È attiva nel panorama culturale e artistico di Firenze dove cura la rassegna poetica “Il prodigio della lingua nella poesia”.