Pierre Teilhard de Chardin, La messa sul mondo in: Inno dell’universo, traduzione di Aldo Daverio, Queriniana 2011

L’Offerta

Poiché ancora una volta, o Signore, non più nelle foreste dell’Aisne ma nelle steppe dell’Asia, sono senza pane, senza vino, senza altare,mi eleverò al di sopra dei simboli sino alla pura maestà del Reale; e Ti offrirò, io, Tuo sacerdote, sull’altare della Terra totale, il lavoro e la pena del Mondo.
Lì in fondo, il Sole, appena incomincia ad illuminare l’estremo lembo del primo Oriente. Ancora una volta, sotto l’onda delle sue fiamme, la superficie vivente della Terra si desta, vibra e riprende il suo formidabile travaglio. Sulla mia patena, porrò, o Signore, la messe attesa da questa nuova fatica e, nel mio calice, verserò il succo di tutti i frutti che oggi saranno spremuti.
Il mio calice e la mia patena sono le profondità di un’anima ampiamente aperta alle forze che, tra un istante, da tutte le parti della Terra, si eleveranno e convergeranno nello Spirito. Vengano pertanto a me il ricordo e la mistica presenza di coloro che la luce ridesta per una nuova giornata.
Ad uno ad uno, o Signore, li vedo e li amo tutti quelli che mi hai dato quale sostegno e gioia naturale della mia esistenza. Ad uno ad uno, conto anche i membri di quell’altra e tanto cara famiglia che, a poco a poco, a partire dagli elementi più disparati, è stata riunita attorno a me dalle affinità del cuore, della ricerca scientifica e del pensiero. Più confusamente, ma tutti senza eccezione, evoco coloro la cui folla anonima costituisce la massa innumerevole dei viventi: quegli ignoti che mi circondano e mi sostengono a mia insaputa, quelli che vengono e quelli che se ne vanno, e soprattutto quelli che, nella verità od in seno all’errore, hanno fede nel progresso delle cose e, nell’ufficio, nel laboratorio o nella fabbrica, oggi, con passione, inseguiranno la luce.
Moltitudine agitata, imprecisa o distinta, la cui immensità ci spaventa, – Oceano umano le cui lente e monotone oscillazioni incutono il dubbio persino nei cuori più credenti, voglio che, in questo momento, il mio essere risuoni al suo mormorio profondo. Tutto ciò che, durante la giornata, crescerà nel Mondo, tutto ciò che in esso diminuirà, – ed anche tutto ciò che vi morirà, – ecco, o Signore, l’elemento che mi sforzo di raccogliere in me per presentarlo a Te. È questa la materia del mio sacrificio, quell’unico sacrificio di cui Tu abbia voglia.
Una volta, trascinavano nel tuo Tempio le primizie del raccolto e il fiore del gregge. L’offerta che Tu attendi realmente, quella di cui Tu senti ogni giorno il misterioso bisogno per sfamarti e dissetarti, è nulla meno dell’accrescimento del Mondo travolto dall’universale divenire.
Ricevi, o Signore, questa Ostia totale che la Creazione, mossa dalla Tua attrazione, presenta a Te nell’alba nuova. Questo pane, il nostro sforzo, so bene che, di per sé, è solo una disgregazione immensa. Questo vino, la nostra sofferenza, non è purtroppo, sinora, che una bevanda dissolvente. Ma, in seno a questa massa informe, hai messo ne sono sicuro perché lo sento – un’irresistibile e santificante aspirazione che, dall’empio al fedele, ci fa tutti esclamare: «O Signore, rendici uno!».
E, poiché, in mancanza dello zelo spirituale e della sublime purezza dei tuoi santi, Tu mi hai dato, o Signore, una simpatia irresistibile per tutto ciò che si agita nella materia oscura, – poiché riconosco in me, senza rimedio, ben più di un figlio del Cielo, un figlio della Terra, – salirò stamane, in pensiero, sulle più alte vette, carico delle speranze e delle miserie di mia madre, e lassù. – in forza di un sacerdozio che solo Tu, credo, mi hai conferito, – su tutto ciò che, nella Carne dell’Uomo, si prepara a nascere od a perire sotto il Sole che spunta, io invocherò il Fuoco.

Il Fuoco al di sopra del Mondo

Il Fuoco: siamo dominati dall’illusione tenace che questo principio dell’essere sorga dalle profondità della Terra, e che la sua fiamma si accenda via via lungo la brillante scia della Vita. O Signore, Tu mi hai concesso la grazia di capire che questa prospettiva era sbagliata e che dovevo capovolgerla per poterti scoprire. In principio, vi era la potenza intelligente, amante ed attiva. In principio, vi era il Verbo sommamente capace di sottomettersi e di plasmare ogni materia nascitura. In principio, non vi era il freddo, non vi erano le tenebre. In principio, vi era il Fuoco. Ecco la Verità.
Così, ben lungi dal sorgere a poco a poco dalla nostra notte, la luce che preesiste elimina le nostre ombre, con pazienza, infallibilmente. Noi creature siamo per natura Oscurità e Vuoto. Tu, o Signore, sei lo stesso fondamento e la stabilità dell’Ambiente eterno, senza tempo né spazio, nel quale gradualmente il, nostro Universo emerge e si compie, perdendo i limiti che lo fanno apparire così vasto ai nostri occhi. Tutto è «essere», vi è solo «essere» ovunque, fuorché nella frammentazione delle creature e nell’opposizione dei loro atomi.
Spirito ardente, Fuoco fondamentale e personale, Termine reale di un’unione mille volte più bella e desideratile della fusione distruttrice ideata da un qualsiasi panteismo, degnaTi di scendere, ancora questa volta, sulla fragile pellicola di materia nuova in cui oggi si avvolgerà il Mondo, per darle un’anima.
Lo so bene: noi non potremmo dettarTi e neppure anticipare il minimo tuo gesto. Da Te provengono tutte le iniziative, a cominciare da quella della mia preghiera.
Verbo sfavillante, Potenza ardente, o Tu che plasmi il Molteplice per infondergli la tua Vita, abbassa su di noi, Te ne supplico, le tue Mani potenti, le tue Mani premurose. le tue Mani onnipresenti, quelle Mani che non toccano qua o là (come farebbe una mano umana), ma che, immerse nella profondità e nell’universalità presente e passata delle Cose, ci raggiungono al Tempo stesso attraverso tutto ciò che vi è di più vasto e di più intimo in noi ed attorno a noi.
Con quelle mani invincibili, prepara, per la grande opera che mediti, mediante un supremo adattamento, lo sforzo terrestre di cui io ti presento in questo momento la totalità raccolta nel mio cuore. Rimaneggialo, questo sforzo, rettificalo, rifondilo sin nelle sue origini, o Tu che sai perché è impossibile alla creatura nascere altrimenti che sorretta dallo stelo di un’interminabile evoluzione.
Ed ora, su di esso, mediante la mia bocca, pronuncia la doppia ed efficace parola, quella senza la quale tutto vacilla, tutto si sfacela, nella nostra sapienza e nella nostra esperienza, – con la quale invece tutto si congiunge e tutto si consolida, a perdita d’occhio, nelle nostre speculazioni e nella nostra pratica dell’Universo. – Su ogni vita che, in questo giorno, germinerà, crescerà, fiorirà, maturerà, ripeti: «Questo è il mio Corpo». – E su ogni morte che si prepara a rodere, a guastare, a stroncare, ordina (mistero della Fede per eccellenza!): «Questo è il mio Sangue!».

Il fuoco nel Mondo

È fatto.

Ancora una volta, il Fuoco ha compenetrato la Terra.
Non è caduto fragorosamente sulle cime, come il fulmine nella sua violenza. Ha forse bisogno di sfondare la porta il Maestro che vuole entrare nella propria casa?
Senza scossa, senza tuono, la fiamma ha illuminato tutto dall’interno. Dal cuore dell’atomo più infimo all’energia delle leggi più universali, essa ha invaso, uno dopo l’altro e nel loro insieme, ogni elemento, ogni meccanismo, ogni legame del nostro Cosmo in modo cosi naturale che questo, potremmo credere, si è spontaneamente incendiato.
Nella nuova Umanità che oggi si genera, il Verbo ha prolungato l’atto mai terminato della sua nascita; e, per virtù della sua immersione nel Mondo, le grandi acque della Materia, senza un brivido si sono caricate di vita. In apparenza, nessun fremito ha segnato l’ineffabile trasformazione. Eppure, in modo misterioso ma reale, al contatto della sostanziale Parola, l’Universo, immensa Ostia, è diventato Carne. Ormai, o Signore, ogni materia è fatta carne, mediante la tua Incarnazione.
L’Universo: già da molto tempo, le nostre speculazioni e le nostre esperienze umane avevano riconosciuto le strane proprietà che lo rendono così simile ad una Carne…
Come la Carne, esso ci attrae con il fascino che ondeggia nel mistero delle sue sinuosità e nella profondità dei suoi occhi.
Come la Carne, esso si decompone e ci sfugge sotto l’azione delle nostre analisi, dei nostri decadimenti e della sua propria durata.
Come la Carne, non lo si abbraccia veramente che nello sforzo senza fine per raggiungerlo sempre oltre ciò che ci è dato.
Questa preoccupante mescolanza di prossimità e di distanza, tutti noi, o Signore, la sperimentiamo
sin dalla nascita. E nel retaggio, di dolore e di speranza che si tramandano le generazioni, non v’è nostalgia più desolata di quella che fa piangere l’uomo d’irritazione e di desiderio in seno alla Presenza che fluttua, impalpabile ed anonima, in tutte le cose, attorno a lui: «Si forte attrectent eum».
Adesso, o Signore, con la Consacrazione del Mondo, la luce ed il profumo diffusi nell’Universo assumono per me un corpo ed un volto, in Te. Quello che intravedeva il mio pensiero esitante, quello che il mio cuore invocava con un desiderio inverosimile, Tu me lo offri magnificamente: che le creature cioè, siano non solo talmente solidali tra di loro che nessuna possa esistere senza tutte le altre per circondarla, – ma che siano talmente sospese ad un medesimo centro reale che una vera Vita, sperimentata in comune, conferisca loro, in definitiva, consistenza ed unione.
O Signore, spezza con l’audacia della Tua Rivelazione la pusillanimità di un pensiero puerile che non osa concepire nel Mondo nulla di più ampio né di più vivo della misera perfezione del nostro organismo umano! Sulla via di una più ardita comprensione dell’Universo, i figli del secolo sorpassano ogni giorno i maestri d’Israele. Tu, o Signore Gesù, «in cui tutte le cose trovano consistenza», rivelati infine a coloro che Ti amano come l’Anima superiore ed il Focolaio fisico della Creazione. E in gioco la nostra vita: non lo vedi Tu? Se non potessi, io, credere che la tua Presenza reale anima, ammorbidisce, riscalda anche la più infima delle energie che m’invadono o mi sfiorano, non morirei forse di gelo, intirizzito sino nel midollo del mio essere?
Grazie, o Signore, di avere in mille modi guidato il mio sguardo sino a fargli scoprire l’immensa semplicità delle Cose! A poco a poco, attraverso l’irresistibile sviluppo delle aspirazioni che hai riposto in me quando ero ancora un bambino, sotto l’influsso di amici eccezionali che si sono trovati al momento opportuno sulla mia strada per illuminare e fortificare la mia mente, mediante iniziazioni terribili e dolci di cui mi hai fatto via via percorrere i cerchi, sono giunto al punto di non poter più nulla vedere e respirare fuori dell’Ambiente ove tutto è Uno.
In questo momento in cui la tua Vita è passata con accresciuto vigore nel Sacramento del Mondo, assaporerò con maggior coscienza la forte e calma ebbrezza di una visione di cui non riesco ad esaurire la coerenza e le armonie.
Di fronte ed in seno al Mondo assimilato dalla tua Carne, diventato la tua Carne, o Signore, – ciò che provo non è l’assorbimento del monista avido di fondersi nell’unità delle cose, – né l’emozione del pagano prostrato ai piedi di una divinità tangibile, – neppure l’abbandono del quietista in balìa alle energie mistiche.
Assumendo da queste varie correnti un qualcosa della loro forza senza tuttavia spingermi contro alcuno scoglio, l’atteggiamento in cui mi pone la tua universale Presenza è una meravigliosa sintesi che unisce, correggendole, tre delle più temibili passioni che possano infiammare il cuore umano.
Come il monista, m’immergo nell’Unità totale, – ma l’Unità che mi accoglie è così perfetta che, perdendomi in essa, io so trovarvi l’ultimo compimento della mia individualità.
Come il pagano, adoro un Dio palpabile. Quel Dio, riesco persino a toccarlo mediante l’intera superficie e l’intera profondità del Mondo della Materia in cui sono avvolto. Ma, per afferrarlo come vorrei (semplicemente per continuare a toccarLo), debbo andare sempre più lontano, attraverso ed oltre ogni possesso, – senza poter mai riposarmi in nulla, – portato avanti, ad ogni istante, dalle creature, e, ad ogni istante, superandole, – in una continua accettazione ed in una continua rinuncia.
Come il quietista, mi lascio deliziosamente cullare dalla divina Fantasia. Ma, nello stesso tempo, so che la divina Volontà mi sarà rivelata, ad ogni momento, solo all’estremo limite del mio sforzo. Non toccherò Dio, nella Materia, che quando, come Giacobbe, sarò stato vinto da Lui.
Così, perché mi è apparso l’Oggetto definitivo, totale, al quale è accordata la mia natura, le potenze del mio essere entrano spontaneamente in risonanza secondo una Nota Unica, incredibilmente ricca, in cui percepisco, unite senza sforzo, le tendenze più opposte: l’esaltazione di agire e la gioia di subire, la volontà di possedere e l’ansia di superare, l’orgoglio di crescere e la felicità di scomparire, assorbito da Uno più grande di me.
Ricco della linfa del Mondo, ascendo verso lo Spirito che mi sorride oltre ogni conquista, ammantato dallo splendore concreto dell’Universo. E, perduto come sono nel mistero della divina Carne, non saprei dire qual è la più radiosa di queste due beatitudini: avere scoperto il Verbo per dominare la Materia, o possedere la Materia per raggiungere e subire la luce di Dio.
0 Signore, fa’ che, da me, la tua discesa sotto le Specie universali non sia soltanto prediletta ed accarezzata come il frutto di una speculazione filosofica, ma diventi veramente una Presenza reale. Potenzialmente, con pieno diritto, e lo volessimo o no, sei incarnato nel Mondo, e noi viviamo sospesi a Te. Ma, in realtà, siamo ben lungi (e di quanto!) dallo sperimentare tutti ugualmente la tua prossimità. Portati tutti assieme nel seno di uno stesso Mondo, formiamo tuttavia, ciascuno nel canto nostro, un piccolo Universo in cui l’Incarnazione si attua in maniera indipendente, con un’intensità e delle sfumature incomunicabili. Ecco perché, nella nostra preghiera all’altare, chiediamo che la consacrazione si realizzi per noi: «Ut nobis Corpus et sanguis fiat …». Se io credo fermamente che, attorno a me, tutto è il Corpo e il Sangue del Verbo, allora per me (e, in un certo senso, solo per me), avviene la meravigliosa «Diafanità» che fa obiettivamente trasparire nella profondità di ogni fatto e di ogni elemento, il calore luminoso di una medesima Vita. Ma se, per disgrazia, la mia fede si allenta, subito la luce si spegne, tutto diventa oscuro, tutto si decompone.
O Signore, nella giornata che comincia, Tu sei appena disceso. Come infinitamente diversa sarà, purtroppo, l’intensità della tua Presenza negli eventi che si preparano e ci coinvolgeranno tutti! Proprio nelle medesime circostanze che tra breve afferreranno me ed i miei fratelli, Tu puoi essere presente un po’, molto, sempre maggiormente, o per nulla.
Affinché, in questo giorno, nessun veleno mi sia nocivo, affinché nessuna morte mi uccida, affinché nessun vino m’inebri, affinché in ogni creatura io Ti scopra e Ti senta, – o Signore, fa’ che io creda!


Comunione

Se il Fuoco è disceso nel cuore del Mondo, è finalmente per impadronirsi di me ed assorbirmi. Non basta, pertanto, che io lo contempli e che, con una fede costante, intensifichi senza posa attorno a me il suo ardore. Dopo aver cooperato con tutte le mie forze alla Consacrazione che lo fa divampare, debbo infine acconsentire alla Comunione che gli offrirà, nella mia persona, l’alimento che egli è venuto finalmente a cercare.
Mi prostro, o Signore, dinanzi alla tua Presenza nell’Universo diventato ardente e, sotto le sembianze di tutto ciò che incontrerò, e di tutto ciò che mi accadrà, e di tutto ciò che realizzerò in questo giorno, io Ti desidero e Ti attendo.
È una cosa terribile essere nati, trovarsi cioè irrevocabilmente portati via, nostro malgrado, da un torrente d’energia formidabile che, sembra. voler distruggere tutto ciò che trascina con sé.
O Signore, voglio che, con un capovolgimento di forze di cui solo Tu puoi essere l’autore, lo spavento che mi coglie di fronte alle innominate alterazioni che si preparano a rinnovare il mio essere si muti in una gioia esuberante di essere trasformato in Te.
Anzitutto; senza esitare, stenderò la mano verso il pane ardente che mi presenti. In questo pane, in cui hai racchiuso il germe di ogni sviluppo, riconosco il principio ed il segreto dell’avvenire che Tu mi riservi. So che accettarlo significa abbandonarmi alle potenze che mi strapperanno dolorosamente a me stesso per spingermi verso il pericolo, verso la fatica, verso il rinnovamento continuo delle idee, verso l’austera rinunzia agli affetti. Mangiarlo significa contrarre per ciò che è, in tutto al di sopra di tutto, un gusto ed un’affinità che d’ora innanzi, mi renderanno insipide le soddisfazioni che riscaldavano la mia vita. O Signore Gesù, accetto di essere posseduto da Te e guidato dall’inesprimibile potenza del tuo Corpo al quale sarò legato, verso vette deserte ove, solo, non avrei mai osato salire. Come ad ogni uomo, anche a me piacerebbe, istintivamente, piantare quaggiù la mia tenda su un monte eletto. Come tutti i miei fratelli, ho anche paura dell’avvenire troppo misterioso verso il quale mi spinge la durata. E poi, ansioso con loro, io mi chiedo dove vada la vita… Possa questa Comunione del pane con il Cristo ammantato dalle potenze che dilatano il Mondo liberarmi dalla mia timidezza e dalla mia indolenza! O Signore, sulla tua parola, mi precipito nel turbine delle lotte e delle energie in cui si svilupperà in me la capacità di cogliere e di sperimentare la tua Santa Presenza. A colui che amerà appassionatamente Gesù nascosto nelle forze che fanno crescere la Terra, la Terra, sollevandolo maternamente tra le sue gigantesche braccia, farà contemplare il volto di Dio.
Se il tuo regno, o Signore, fosse di questo Mondo, per possederti sarebbe sufficiente affidarci alle potenze che ci fanno soffrire e morire perché ci sviluppano in modo palpabile, noi o ciò che ci è più caro di noi. Ma, poiché il Termine verso il quale si muove la Terra si trova oltre non soltanto ogni cosa individuale bensì l’insieme delle cose, – poiché l’impresa del Mondo consiste non già nel generare in sé una qualche Realtà suprema, bensì nel compiersi per unione con un Ente preesistente, ne risulta che, per accedere al Centro ardente dell’Universo, non basta che l’Uomo viva sempre di più per sé stesso, nemmeno che sacrifichi la sua vita per una causa terrestre, per quanto nobile sia. Il Mondo non può finalmente giungere a Te, o Signore, che mediante una sorta d’inversione, di capovolgimento, di ex-centrazione, in cui s’inabissa per un tempo non solo la riuscita individuale ma la stessa apparenza di un qualsiasi vantaggio umano. Affinché il mio essere sia per sempre annesso al Tuo, deve morire in me non solo la monade ma il Mondo:debbo cioè superare la fase straziante di una diminuzione che nulla di tangibile potrà mai compensare. Ecco perché, raccogliendo nel calice l’amarezza di tutte le separazioni, di tutte le limitazioni, di tutti i decadimenti sterili, Tu ce lo porgi: «Bevetelo tutti».
Come potrei rifiutare questo calice, o Signore, adesso che, con il pane che mi hai fatto gustare, è penetrata sin nel midollo del mio essere la passione inestinguibile di raggiungerTi, oltre la Vita, attraverso la morte? Poco fa, la Consacrazione del Mondo sarebbe rimasta incompiuta se Tu non avessi animato con predilezione per i credenti le forze che uccidono dopo quelle che vivificano. La mia Comunione sarebbe ora incompleta (semplicemente non sarebbe cristiana), se, assieme agli accrescimenti che questo nuovo giorno mi porta, io non accettassi, a nome mio ed a nome del Mondo, come la più diretta partecipazione al tuo Essere, il processo, occulto o manifesto, d’indebolimento, d’invecchiamento e di morte che mina senza posa l’Universo, per la sua salvezza o per la sua condanna. O Signore, io mi abbandono perdutamente alle temibili azioni dissolventi per cui, oggi (voglio ciecamente crederlo), la tua divina Presenza si sostituirà alla mia ristretta personalità. Su colui che avrà amato appassionatamente Gesù nascosto nelle forze che fanno morir la Terra, la Terra, venendo meno, chiuderà le sue gigantesche braccia; e, con essa, egli si risveglierà nel seno di Dio.

Preghiera

Ed ora che, velato dalle potenze del Mondo, Tu, o Gesù, sei diventato realmente e fisicamente, per me, in me ed attorno a me, tutto, io raccoglierò in una stessa aspirazione l’ebbrezza di ciò che possiedo e la sete di ciò che mi manca. E, dopo il tuo servo, ripeterò le parole di fuoco che, sempre più esattamente (è la mia fede incrollabile), contrassegneranno il Cristianesimo di domani:

«O Signore, racchiudimi nei più profondi recessi del tuo Cuore. E, quando mi ci terrai, bruciami, purificami, infiammami, sublimami, sino alla soddisfazione perfetta dei tuoi gusti ed al più completo annullamento di me stesso».

«Tu autem, Domine mi, include me in imis visceribus Cordis tui. Atque ibi me detine excoque, expurga, accende, ignifac, sublima, ad purissimum Cordis tui gustum acque placitum, ad puram annihilationem meam».

«Signore». O, sì, finalmente! Grazie al doppio mistero dell’universale Consacrazione e dell’universale Comunione, ho dunque trovato qualcuno cui possa, con tutto il cuore, dare questo nome! Finché ho saputo od osato vedere in Te, o Gesù, null’altro dell’uomo di duemila anni fa, il Moralista sublime, l’Amico, il Fratello, il mio amore è rimasto timido e impacciato. Attorno a noi, non abbiamo forse amici, fratelli, savi che sono anch’esso grandissimi, squisiti e soprattutto più vicini a noi? Ed ancora: può l’Uomo donarsi pienamente ad un essere di natura unicamente umana? Da sempre, al di sopra di ogni elemento del Mondo, il Mondo stesso aveva attratto il mio cuore, e mai mi sarei sinceramente prostrato dinanzi a nessun altro. Allora, per molto tempo, pur essendo credente, ho errato senza sapere ciò che amavo. Ma, oggi che, con la manifestazione dei poteri sovrumani che ti ha conferito la Risurrezione, Tu, o Maestro, trasparisci ai miei occhi attraverso tutte le potenze della Terra, io ti riconosco per il mio Sovrano e mi abbandono con delizia a Te.
Quanto sono strani, o Signore, i processi del tuo Spirito! – Quando, due secoli fa, hai cominciato a farsi sentire chiaramente nella tua Chiesa, l’attrazione del tuo Cuore, parve forse che ciò che seduceva le anime fosse la scoperta in Te d’un elemento più determinato, più circoscritto della tua stessa Umanità. Invece, con un capovolgimento improvviso, diventa ora evidente che, con la «rivelazione» del tuo Cuore, tu hai anzitutto voluto, o Gesù, fornire al nostro amore il mezzo di sfuggire a quanto vi era di troppo angusto, di troppo preciso, di troppo limitato, nella rappresentazione che ci facevamo di Te. Al centro del tuo petto, non distinguo null’altro che una fornace e più guardo attentamente questo focolaio ardente, più ho l’impressione che, tutto attorno, i limiti del tuo Corpo si dileguino, crescano smisuratamente sicché non mi appaiono più in Te altri lineamenti di quelli di un Mondo in fiamme.
O Cristo glorioso! Influsso segretamente diffuso in seno alla Materia, e Centro sfavillante in cui si congiungono le innumerevoli fibre del Molteplice. Potenza implacabile come il Mondo e calda come la Vita; o Tu, la cui fronte è di neve, gli occhi di fuoco, i piedi più scintillanti dell’oro in fusione. Tu, le cui mani imprigionano le stelle; Tu che sei il primo e l’ultimo, il vivente, il morto ed il risorto; Tu che raccogli nella tua esuberante unità tutti i fascini, tutti i gusti, tutte le forze, tutti gli stati; sei Colui che il mio essere invocava con un’aspirazione vasta quanto l’Universo. Tu sei veramente il mio Signore ed il mio Dio!
«Racchiudimi in Te, o Signore!». – Ah! Credo (e questa fede è persino diventata uno dei perni della mia vita intima) che, se esistessero tenebre assolutamente esteriori a Te, si tratterebbe solo di un puro nulla. Niente può sussistere fuori della tua Carne, o Gesù, al punto che persino coloro che sono respinti dal tuo amore, beneficiano ancora, per la loro disgrazia, del sostegno della tua presenza. Tutti noi siamo irrevocabilmente immersi in Te, Ambiente universale di consistenza e di vita! – Ma, proprio perché non rappresentiamo cose già compiute che possono essere considerate, indifferentemente, come vicine o lontane da Te, proprio perché in noi il soggetto dell’unione cresce con la stessa unione che ci dona progressivamente a Te, – nel nome di quello che vi è di più essenziale in me, o Signore, ascolta l’aspirazione di quella cosa che oso pur chiamare la mia anima, sebbene, ogni giorno, io mi renda sempre più conto di quanto essa sia più grande di me; e per soddisfare la mia sete di esistenza, – attraverso le zone successive della tua più intima Sostanza, sino al Centro del tuo Cuore, attraimi!
Più profondo è, in Te, il punto in cui t’incontriamo, e più universale si rivela, o Maestro, il tuo influsso. Da questo segno, potrò apprezzare, ad ogni momento, di quanto ho progredito in Te. Allorché tutte le cose attorno a me, pur conservando lo stesso sapore e gli stessi contorni, mi appariranno pervase da un’anima segreta in seno ad un elemento unico, infinitamente vicino ed infinitamente lontano; allorché, pur imprigionato nella gelosa intimità di un santuario divino, mi sentirò errare liberamente attraverso il cielo di ogni creatura, saprò di essere vicino al punto centrale in cui converge il cuore del Mondo nell’irradiazione che discende dal Cuore di Dio.
In quel punto d’universale incendio, agisci su di me, o Signore, con il fuoco confluente di tutte le azioni esterne ed interne che, subìte meno vicino a Te, sarebbero neutre, equivoche od ostili, ma che, animate da un’energia «quae possit sibi omnia subjicere», diventano, nelle profondità fisiche del tuo Cuore, gli angeli della tua vittoriosa operazione. Con le attrattive delle creature e con la loro insufficienza, con la loro dolcezza e con la loro malvagità, con la loro deprimente debolezza e con la loro terribile potenza, mirabilmente combinate con la tua attrazione, esalta e disgusta, o Signore, di volta in volta, il mio cuore. Insegnagli la vera purezza che non è un’indebolente separazione dalle cose ma uno slancio attraverso tutte le bellezze. Rivelagli la vera carità che non è la paura sterile di fare del male, bensì la vigorosa volontà di sfondare, tutti uniti, le porte della vita; e per finire, donagli, donagli soprattutto, con una visione sempre più precisa della tua onnipresenza, la beata passione di scoprire, di fare e di subire sempre più intensamente il Mondo, onde penetrare sempre più intimamente in Te.
Tutta la mia felicità, e tutta la mia riuscita, tutta la mia ragione di essere e tutto il mio gusto di vivere sono sospesi alla visione fondamentale della tua congiunzione con l’Universo. Altri, per la loro funzione più elevata, annuncino gli splendori del tuo puro Spirito! Dominato da una vocazione legata alle più remote fibre della mia natura, io non voglio né posso rivelare che gli innumerevoli prolungamenti del tuo Essere incarnato nella Materia; io non saprò mai predicare che il mistero della tua Carne, o Anima che trasparisci in tutto ciò che ci avvolge!
Al tuo Corpo nella sua piena estensione, vale a dire al Mondo diventato grazie alla tua potenza ed alla mia fede, il crogiolo magnifico e vivente in cui tutto svanisce per rinascere, – mediante tutte le risorse che ha fatto scaturire in me la tua attrazione creatrice, mediante il mio sapere troppo debole, – mediante i miei vincoli religiosi, mediante il mio sacerdozio, e (cosa cui tengo di più) mediante la mia più intima convinzione umana, – io mi voto per viverne e per morirne, o Gesù!

Ordos, 1923

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Pierre Teilhard de Chardin è stato un geologo e paleontologo francese (Sarcenat, Puy-de-Dôme, 1881 – New York 1955). Gesuita (dal 1899), tentò di mostrare il sostanziale accordo tra i dati della fede cattolica e la teoria evoluzionistica. Fu Professore di geologia e paleontologia all’Institut Catholique di Parigi; condusse ricerche nel bacino del Fiume Giallo e in zone dell’India, della Birmania e di Giava; studiò la fauna pliocenica d’Europa; nel 1935 partecipò alla scoperta del Sinanthropus pekinensis, avendo poi parte nella sistemazione del Quaternario dell’Estremo Oriente.
Oltre ai contributi scientifici nell’ambito delle ricerche antropiche, de Chardin ha tentato di tracciare il disegno di una concezione integralmente evoluzionistica mostrandone l’accordo profondo con i dati della fede cristiano-cattolica.
Tra i suoi saggi più importanti pubblicati in varie riviste: Comment se pose aujourd’hui la question du transformisme (1921); La paléontologie et l’apparition de l’homme (1923); Le paradoxe transformiste (1925); L’humanité se meut-elle biologiquement sur elle-même? (1949); L’évolution rédemptrice (1950). Tra i volumi, apparsi postumi nelle Oeuvres complètes: Le phénomène humain (1955); L’avenir de l’homme (1959); L’apparition de l’homme (1956); La vision du passé (1957); Hymne de l’univers (1964).


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