Arcipelago itaca 2023
Prefazione di Alfredo Rienzi
Dalla prefazione: Memoria e natura
Dove altro può volgersi il desiderare se non verso cio che non si ha? È perentoria l’epigrafe che Stefania Bortoli pone in capo alla prima sezione dal titolo Il giardino dell’attesa – quasi una seconda sinonimica definizione: “Venga ciò che ancora / non è stato” (Paul Celan). Un “così sia!” (così avvenga!) che si ripeterà nella vita per l’ (in)finita serie dei passi, salendo e sovrapponendosi dagli ambiti biologici, istintuali e materiali, alle sfere psichiche e pulsando nell’insondabilità dell’essere spirituale. L’attesa dell’anima (“addormentata / fuori dal tempo”) della “rosa purpurea d’aprile” è la preziosa metafora, reggente il primo componimento, del premio del desiderare. Premio necessario e vano, vitale ed esiziale, ché il raggiungimento del desiderio è la sua estinzione e la nascita del prossimo. Inestinguibile, il desiderare (“la forza indomabile del desiderio”). Per certi aspetti, che non esiterei a chiamare fondanti, vita e desiderio sono sinonimi o quanto meno fenomeni coincidenti […]
Una prima atmosfera – non meramente emozionale, il che suonerebbe oggi come semplicistico o di facile consuetudine – ci dice della sensibilità, della modulazione riflessiva, di ondulazioni affettive che fanno parte, in qualche modo, della disposizione naturale o almeno comune nel nutrire la parola poetica, quasi tautologicamente. Il lemma dominante di questo registro è “vita” (a ponderarne la centralità, alcune volte è resa con la maiuscola in “Vita”): “troppo stretta”, “lunga”, “emotiva”, “tenace”, “terrena”, “sotterranea”, che “piange”, “vive”, “rinasce”. E, come già accennato – si mescolano pulsioni memoriali (la “vita precedente”) e coscienza dell’ora presente e della “circolarità del tempo”. […]
L’altro macrotema dilagato nei versi è quello della Natura. Che derivino dalle origini contadine della famiglia, o dalle esperienze di viaggio o dal vivere contingente, i naturalia sono presenti con dovizia in tutte le aree della raccolta. Non per elencazione, mero sfoggio o distaccata tassonomia. Il paesaggio naturale è l’alter ego della poetessa (“il luogo che è in te”), nel quale è infusa e dal quale si effonde uno spirito partecipato e vitale. […]
In definitiva ricordi familiari e d’infanzia e tensione panica si intrecciano e battezzano il passo dell’ autrice: “Figlia mia che sei nata in estate, / continua a camminare / nella natura non addomesticata / contempla le montagne, le pietre e il cielo / il Vero – il Bello / vai lontana / osserva ovunque, / guarda attorno a noi questo miracolo”.
Procedendo con la lettura attenta di Desiderare, il lettore si potrà quindi trovare a contemperare la spinta a un passo fluido e scorrevole, che sempre però vorrà portarlo ben sotto la superficie, e la necessità di trasportarsi e sostare nei passaggi e nei paesaggi della raccolta.
E sarà facile ritrovarsi a fianco di Stefania Bortoli, nel suo andare, tra i tempi della vita, le sue presenze-assenze e i respiri della Natura.
Alfredo Rienzi
*
Da: Desiderare, Arcipelago itaca 2023
Si era addormentata
fuori dal tempo l’anima perduta
Dentro l’inconscio sogno
come profondo sonno
cieco
velato nei varchi dei sogni
Nelle vene esangui
l’eco remoto
del mio cuore desolato
In un’altra parte del tempo
aspettava una rosa purpurea d’aprile
*
Libera i tuoi occhi che vedono
l’ombra più scura
dove è intensa la luce
A gennaio
il seme è fiducioso
e riposa sotto la neve nel gelo della notte
Finalmente il giardino dell’attesa
è solitario – vuoto
Custodisce,
coltiva la mia solitudine allargando le braccia
Ai luoghi imprevedibili
si radica la parola poetica
immergendosi nell’ascolto
delle voci umane e delle ferite della terra
*
Non nascondere l’angoscia
che mai inganna
se ci schiaccia improvvisamente
in una vita troppo stretta.
Potrebbe essere utile decifrarla.
Togliersi i vestiti, le scarpe pesanti
e tuffarsi – nuotare nelle acque.
Poi tradurla dove diviene l’inatteso della vita.
Come quando la pioggia pulisce i cieli
e l’aria attraversa le finestre aperte
le stanze di casa.
*
Il primo giorno di marzo
camminiamo a passi leggeri dove sale il bosco di larici.
Nella neve orme di cervo s’imprimono –
lambiscono la radura dei crochi bianchi.
Sull’ Altipiano della luce,
umanaterra dell’origine, noi siamo ancora qui.
In questo luogo benedetto dal cielo limpido
c’è la gioia di ritrovarci
nel silenzio naturale delle cose vissute.
*
Dalla terra arida è spuntata
una Rosa quaresimale.
L’elleboro orientale, fiore sacro a Dio
e agli antichi, leniva la pazzia,
i centomila vólti dei dèmoni che non cercano il sole
Cara gratitudine nei giorni del tardo inverno
ti rigeneri in ombra
*
Costa Rica
In mezzo all’Oceano Pacifico,
all’improvviso,
emerge la pinna gigante
in piena luce – taglia l’acqua –
volteggia la balena davanti ai nostri occhi.
Nell’istante indimenticabile, amore mio siamo felici
sopra un oceano di luce.
*
Ericussa
Fuori dal tempo
è l’isola dell’erica
la più occidentale – selvaggia
estrema figlia
delle sette sorelle dell’Arcipelago eoliano.
Aspra terra quasi disabitata
odori di macchia mediterranea
e trattieni i frutti coronati di spine
tra le ginestre i muli e gli alberi di carrube.
Crescono come corallo sulla pietra dei fichidindia,
s’impiantano nelle nere viscere
nella pietra lavica feconda – indomabile.
A primavera
fioriscono i pallidi asfodeli:
Persefone affida alle api
e agli umani
l’illusione di una terra più fertile
sopra tutte le ere geologiche
che hanno seminato tra le belle pietre.
Nel labirinto di radici
più forti della mano dell’uomo.
*
Dentro al cuore di un inverno mite
la solitudine del tuo albero mi avvolse
s’incise con il silenzio tra lunghi rami spogli
s’allungavano – nello spazio vuoto – avorio lucente
Ed io non sapevo più se – l’infinito tendere
fosse fuori o dentro di noi
*
Non dimenticare
che esiste la linea di un orizzonte
sotto la casa che s’apre al cielo stellato
una striscia di terra feconda
sotto i piedi dell’Angelo
L’ Angelo dell’ultimo silenzio ripone le ali
ora riposa –
o forse è in attesa?
Senza sforzo vede –
si offre alla necessità del volo
respira la vista in te smarrita
Al suo sguardo non sfuggono
le verità nascoste – il peso di una foglia
*
Nei campi incolti – lungo corsi d’acqua
crescono le margherite dei fossi
– i topinambur selvatici –
insieme li abbiamo trovati
nel vivo sole d’autunno
A novembre
mi fermo con la soletudine dell’heliantus:
si inchina a ricevere
la luce rara – ormai sparsa nel vento
*
Stefania Bortoli (1960) è nata a Thiene e vive a Pove del Grappa. Si è laureata in Pedagogia all’Università di Padova con una tesi di Estetica e Psicoanalisi. È stata docente di Lettere al Liceo Artistico.
Ha pubblicato: Voci d’assenza (Editrice Artistica Bassano 2012), prefazione di Stefano Guglielmin, postfazione di Gianni Giolo. Il libro è stato segnalato al Convegno internazionale di Poesia a cura di Anterem (2011) e ha ricevuto la Menzione di merito al Premio Nazionale di poesia “Achille Marazza” (2013).
Con la promessa di dire (Book Editore 2016) ha ottenuto la Menzione d’onore al XXXII Premio “Lorenzo Montano” (2018) ed è risultata tra le opere finaliste alla VIII Edizione del Premio nazionale editoriale di poesia “Arcipelago itaca” (2022).
La silloge inedita Il giardino dell’attesa ha vinto il Primo Premio Silloge “Transiti poetici” (2022). Sue poesie sono presenti in blog letterari quali di “Sesta e di Settima grandezza, “Blanc de ta nuque”, “Perigeion e nell’Antologia Transitipoetici, Volume XXVII (2021).
Ha partecipato a rassegne, letture e incontri di poesia e alla realizzazione di diversi libri d’artista che interpretavano i suoi testi poetici (tutte opere prodotte con artiste visive). Ha partecipato alle edizioni 14 e 15 (2022-2023) di “Libri di Versi”.