L’arcolaio 2024
Collana Φ diretta da Gianluca D’Andrea

Tanti sono, nell’esistenza umana, gli eventi che sembrano affermarsi e poi si negano, in una continua risacca di fanìe e sparizioni che pratica con accanimento, sul singolo vivente, il senso di orfanità.
L’ondulazione tra possibilità e negazione, tra asserzione e smentita, a volte elegge la seconda come gesto ultimo – che mai ultimo può essere – del reale, lasciando la creatura sgomenta di fronte alla statua inesistenza del proprio desiderato. Simulacro negativo, profilo cavo, ma precisissimo: un bassorilievo di cosa sperata, su giorni smarriti di mancanza.
Eppure c’è una forza nitida, un rigore tenace nei versi di Serena Mansueto (La statua inesistenza, L’Arcolaio 2024) che allaga le cose, anche le più tristi, di un severo splendore.
Dagli eventi biologici – fecondazione, embriogenesi – descritti con potenza iconica e tersa metaforizzazione, fino al tratteggio – ma pudico, composto – delle impressioni e commozioni, degli eventi ospedalieri, ecco che l’autrice gravita con delicatezza, pure con sguardo già postumo, attorno all’ingenerarsi e al tentennare, poi confutarsi, della vita (in lei), ma come evento assoluto, universale. E rimane, sebbene ferita, in una generosa fenomenologia del prodigio, che ha dell’incorruttibile.
Quando la forza che traina la realtà decide per il diniego, quando la sorte recide l’idea e disdice il sogno, la voce della poetessa rimane nell’esattezza del dire. Nella Statua inesistenza – bel titolo: acremente marmoreo, crudele di trasparenza – ogni dolore annota sé stesso compartimentandosi in un nitore lessicale, in un equilibrio timbrico e sintattico di notevole portata.
Un libro che ricorda, se bisogno vi fosse, che la poesia può ancora essere una torcia che solleva alla reciproca carità, passando dalla fiducia, dallo stupore per l’altrui bravura: issandoci a un celeste d’infinita campata, oltre il tragico delle nostre vite di individui: a un unico respiro esistenziale, dove ogni limite smargina, ridandoci a una vicinanza mai perduta.

Alfred Eisenstaedt, Switzerland 1947



*

Da: La statua inesistenza, L’Arcolaio 2024


interiore n.1

Piccolo, piccolissimo, il seme
ancorato come una goletta nella rada
crea il suo nido nel nucleo di luce.

Un messaggero scodinzola da vicino
sullo strato del vetrino, è la storia dei secoli dei secoli
fitti a ingrandire il mondo.

Uno solo insieme agli altri, un esercito
di foglie con i rami sguainati

e un frullo d’ali nella confusione di fedeli
abbacinati dalla goccia-uovo: come loro
segna una devozione
            un respiro al futuro.

*

esteriore n. 5

Mi sbuccio tra il sole e la terra dove cadono
granelli del tuo corpo    nel mio accumulo di spezie

la più antica corona di alloro è trionfo.

L’altare umettato delle mie labbra
è per te, l’ombra che mi racchiude si fa samara

sparge origano essiccato sui sabbioni calcarei
e nella polvere
            tenti di recuperare la nostra radice.

*

interiore n. 6

La polpa, la stanza crescente
si sta formando
                       lentamente
scolpisce due braccia due gambe una testa
lunare, il cordone celestiale
sotto l’ombra dei pini.

È già iridescenza di fuoco: fa staccare
per poco le mie ossa e implume
chiudo le anche della testa ad ogni scossa
vuota, le onde nelle vene mi gettano a terra.

*

esteriore – interiore

Andando via osservo l’ombra della piccola
pineta, riposa accanto all’ospedale
una panchina, il suo infermiere.

I dolori hanno smesso di masticare
le forze, forse il sangue è fermo, riordinato
nei suoi tragitti.

Invece tutto scorre e quello che mi cade dentro
continua a crollare.

*

esteriore n. 24

Rendila liscia sotterranea la colonna di fuoco
il fianco del mondo attraversa le cose toccate,

le voci raggruppate nel tuono, dentro la bolla
la sottrazione del corpo. Chiedono
le ragioni dell’assenza:

devo legittimare anche il segreto, il palpito
interrotto nel mio alfabeto, quella cara oscurità.

*

esteriore n. 25

Il nero straripa
riapre nei campi altri bagliori, le apparenze
offerte dalla vita come segno dell’impossibile.

Accarezzo ciò che viene da lontano
            lentamente le mattine si gonfiano
            ma cammino sugli argini
            voltandomi di getto a ogni rumore.

*

Serena Mansueto ha esordito nel 2020 con la silloge Travestimenti (Eretica Edizioni). È stata inclusa nell’antologia della nuovissima poesia pugliese I cieli della Preistoria a cura di Antonio Bux (Marco Saya Edizioni 2022). Suoi inediti sono stati pubblicati nel nono Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea (Raffaelli Editore 2022) nella rubrica La bottega della poesia di Repubblica-Bari a cura di Vittorino Curci, su «Atelier Poesia» e «Poesia Ultracontemporanea». È redattrice per «Laboratori Poesia» e scrive per lit-blog e riviste letterarie. Una prima stesura de La statua inesistenza ha vinto il 3° premio, come silloge inedita, alla XXIX edizione del Premio Renato Giorgi.