puntoacapo Editrice 2022
Prefazione di Maria Luisa Vezzali
[…] Le poesie che Bellanova ha ora organizzato nella raccolta cui ha dato l’eloquente titolo di Perdite sono, in primis, un palese atto di denuncia nei confronti di un mondo spogliato di umanità, che si regge sui princìpi di una violenza sistemica, un mondo trasformato in un gigantesco Nosocomio di cui ci ostiniamo a non voler curare le patologie omicide.
[…] Un’opera apocalittica, si potrà pensare, e lo è di certo nel senso etimologico della parola. Ma Bellanova non si arrende alla pura registrazione del reale, a una descrizione che si lavi le mani nell’innocenza mentre declina l’orrore del visibile. Sa che nella vicenda collettiva come in quella del singolo è sempre una questione di scelta.
[…] Forse a volte dimentichiamo che c’è morte e morte. Oltre ai sinistri destini già elencati, permane l’antichissimo modo di morire secondo natura. E se per quelli non esiste rimedio accettabile se non un generale cambiamento di paradigma, per quest’ultimo ogni storia individuale ha la possibilità di reimparare la lezione degli alberi, del giallo calicanto, del pudico elleboro perché “le persone di gambo e di legno / sanno a memoria / il progetto della creazione / sanno nascere e sanno morire”. L’amore è quella relazione di cura e desiderio che può opporsi alla minaccia dell’alienazione e della desertificazione.
[…] Amore, Natura, Poesia sono la triade positiva di questa raccolta, ciò che alla perdita si oppone e che può salvare, soprattutto grazie al nodo virtuoso delle loro interrelazioni.
Come esseri umani siamo radicalmente ecodipendenti, dagli altri, dall’ambiente, dai nostri corpi terribilmente vulnerabili – ci ricorda l’antropologa e attivista Yayo Herrero – mentre la colpa originaria dell’Occidente è quella di aver inventato e imposto un soggetto politico individualista, astratto, totalmente autonomo e deresponsabilizzato nei confronti del corpo degli altri, che non esiste nella realtà. La realtà chiede il conto ora: si potrà scegliere di ascoltarla o resterà solo “lo schiamazzare della ciurma / sul ponte del Titanic”.
Maria Luisa Vezzali
*
Prologo:
È un inganno quotidiano,
un furto con destrezza
della nostra polpa più profonda,
questo incessante martellare del mondo
sulla testa delle parole-luce
per fare posto
alle parole infestanti,
roditori di vite
sfasciume.
Nei vagoni piombati
delle detenzioni di massa
la vita s’affanna
e i pensieri si spengono
in piedi come i cavalli.
Deragliare.
C’è un altro mondo di fiati e salive
fuori dalle feritoie,
frutteti di percalle,
alberi carichi di parole in sboccio
e di parole emostatiche
mentre i binari corrono
– destinazione tombale.
Disertare
con la parola che divide le acque del Mar Rosso
e ci guida in quel mondo
dove siamo padri e figli
madri e sorelle
fratelli anche
nello scorrere del poema incessante
rigagnoli, ruscelli e affluenti
in corsa insieme verso un mare grosso
che non uccide
comprende.
*
Lo scopo
Quando tutto intorno
si muore e si marcisce
nell’attesa innervata di marzo
il calicanto ci abbraccia
di giallo e carnalità.
L’elleboro pudico saluta
e si ritira a capo chino.
La terra non separa la morte dalla vita.
È un’incessante guerra di posizione,
non c’è resa o armistizio.
Le persone di gambo e di legno
sanno a memoria
il progetto della creazione
sanno nascere e sanno morire.
Dobbiamo farcene una ragione,
smettere di sputare napalm
e fare terra bruciata.
*
La risma
Il buio è luce di altro colore
la morte è vita di altro spessore.
Cambia la grammatura della carta
si assottiglia, assume le forme del vento
la nostra storia scritta
con l’inchiostro simpatico
della luce.
*
Nessun dolore tutto dolore
La circonvoluzione del rapace nell’azzurro
leggerezza alare
appare e scompare
Nessun dolore
Sorseggiare acqua insieme alla begonia rossa
come tra vecchi amici
senza sprecarne una goccia
Nessun dolore
Camminare col calicanto in corpo [ringraziare]
Masticare piano tra le dita
i semi del basilico fiorito
darne giaciglio,
terriccio e torba sotto le unghie [germinare]
L’erba spappolata sotto alla brina
la nostra assenza
il nostro brivido lungo la schiena
Tutto è dolore
Il randagio al parco
con gli occhi umidi bastonati di fresco,
gli occhi dei bisonti frustati a sangue
che Rosa Luxemburg vide dalla prigione
Tutto è dolore
Occhi rossi di pianto [disperare]
Occhi che non sanno perché
i calci
i denti rotti
le zolle in bocca [dissodare]
Eterna preghiera.
*
Dormiveglia
Ho paura del precipizio della notte,
della falesia scivolosa sotto ai piedi.
Ho paura dello stacco della corrente,
del finis Africae delle parole
al di là del confine della notte.
Ci sono spettri nutriti dai pensieri del giorno
al di là.
Ci sono i cocci rotti dei buoni propositi
al di là.
Ci sono altri noi, altri loro ingovernabili
e registi dei sogni che attendono corpi
per il montaggio delle loro sceneggiature.
E se al risveglio smarrissi i tuoi occhi
tra centinaia di occhi di vetro?
Fammi un fischio,
sarà il nostro riconoscimento,
mi volterò.
*
Bartolomeo Bellanova (Bologna 1965) ha pubblicato i romanzi La fuga e il risveglio (Il Filo 2009), Ogni lacrima è degna (In.Edit 2012) e La storia scartata (Terre d’Ulivi 2018). In poesia: A perdi cuore. Versi Scomposti e liberati (David and Matthaus 2015), Gocce insorgenti (Terre d’Ulivi 2017) e Diramazioni (Ensemble 2021).
Partecipa ad antologie poetiche, tra cui Sotto il cielo di Lampedusa. Annegati da respingimento (Rayuela 2014), Sotto il cielo di Lampedusa. Nessun uomo è un’isola (Rayuela 2015) e Distanze obliterate. Generazioni di poesie sulla rete (puntoacapo 2021). È uno dei curatori dell’antologia Muovi menti. Segnali da un mondo viandante (Terre d’Ulivi 2016). Fa parte della redazione della rivista culturale www.lamacchinasognante.com