Dall’alba tornava la figlia bambina
quella nostalgia che mi affiancava
e mi accennava alle cose celesti
sepolte dentro di noi –
mi avvicinava alla stessa
irraggiungibile
origine.
*
Veniva il buio costellato, che precede
il sorgere delle albe, a benedire
ogni inverno che cala
sui passati
passi senza strada
– a schiarire
il disegno che un volto ha mancato
trascinato per altre stagioni.
*
Venivano piogge di stelle
per i futuri abbandonati
– a dire
mani su bare di velluto
che avrebbero preservato
lo splendore del sentire –
fioco il riverbero qui
dove le lacrime hanno ancora
un nome che respira.
*
Ecco perdimi se puoi
non illudermi d’osso infrangibile sul fondo
della carne – lasciami
a questa tregua d’indefinito
infinito che traspare.
*
Lontananze d’inevaso giorno sereno:
la penna ripercorre il profilo
sinuoso e solitario
delle lettere
che inseguono da sempre il verso –
un senso. Tu lasciami
qui dove già prefigurato scorreva
non d’inchiostro l’immenso
lontanissimo
Poema.
*
Patrizia Garofalo è nata a Salerno e vive attualmente ad Agropoli. Laureata in Scienze politiche presso l’Università degli studi di Salerno, lavora come insegnante di Discipline giuridiche ed economiche. Ha pubblicato nel 2019 la raccolta intitolata “La complessità dello sguardo” per L’ArgoLibro Editore, quarta classificata nel premio internazionale “Maria Cumani Quasimodo”.