fotografia di Nancy Crampton
traduzioni di Maria Luisa Vezzali
da “Cartografie del silenzio”
Crocetti 2020
traduzione e cura di Maria Luisa Vezzali
(Dediche)
So che stai leggendo questa poesia
tardi, prima di lasciare il tuo ufficio
con l’unico lampione giallo e una finestra che rabbuia
nella spossatezza di un edificio dissolto nella quiete
quando l’ora di punta è da molto passata. So che stai leggendo
questa poesia in piedi, in una libreria lontana dall’oceano
in un giorno grigio agli inizi della primavera, deboli fiocchi sospinti
attraverso gli immensi spazi delle pianure intorno a te.
So che stai leggendo questa poesia
in una stanza in cui è accaduto troppo per poterlo sopportare,
spirali di lenzuola ristagnano sul letto
e la valigia aperta parla di fuga
ma non puoi andartene ora. So che stai leggendo questa poesia
mentre il metrò rallenta la corsa, prima di lanciarti su per le scale
verso un amore diverso
che la vita non ti ha mai concesso.
So che stai leggendo questa poesia alla luce
della televisione, dove scorrono sussulti di immagini mute,
mentre aspetti le ultime notizie sull’intifada.
So che stai leggendo questa poesia in una sala d’aspetto
di occhi incontrati e che non si incontrano, di identità con estranei.
So che stai leggendo questa poesia sotto il neon
nella noia stanca dei giovani che sono esclusi,
che si escludono, troppo presto. So
che stai leggendo questa poesia con la tua vista indebolita:
le tue lenti spesse dilatano le lettere oltre ogni significato e tuttavia
continui a leggere
perché anche l’alfabeto è prezioso.
So che stai leggendo questa poesia in cucina,
mentre riscaldi il latte, con un bambino che ti piange sulla spalla e un libro
in mano,
perché la vita è breve e anche tu hai sete.
So che stai leggendo questa poesia che non è nella tua lingua:
di alcune parole non conosci il significato, mentre altre ti fanno
continuare a leggere
e io voglio sapere quali sono.
So che stai leggendo questa poesia in attesa di udire qualcosa, divisa tra
amarezza e speranza,
per poi tornare ai compiti che non puoi rifiutare.
So che stai leggendo questa poesia perché non c’è altro da leggere,
lì dove sei approdata, nuda come sei.
Da Un atlante del mondo difficile, 1991
—
(Dedications)
I know you are reading this poem
late, before leaving your office
of the one intense yellow lamp-spot and the darkening window
in the lassitude of a building faded to quiet
long after rush-hour. I know you are reading this poem
standing up in a bookstore far from the ocean
on a gray day of early spring, faint flakes driven
across the plains’ enormous spaces around you.
I know you are reading this poem
in a room where too much has happened for you to bear
where the bedclothes lie in stagnant coils on the bed
and the open valise speaks of flight
but you cannot leave yet. I know you are reading this poem
as the underground train loses momentum and before running up the stairs
toward a new kind of love
your life has never allowed.
I know you are reading this poem by the light
of the television screen where soundless images jerk and slide
while you wait for the newscast from the intifada.
I know you are reading this poem in a waiting-room
of eyes met and unmeeting, of identity with strangers.
I know you are reading this poem by fluorescent light
in the boredom and fatigue of the young who are counted out,
count themselves out, at too early an age. I know
you are reading this poem through your failing sight, the thick
lens enlarging these letters beyond all meaning yet you read on
because even the alphabet is precious.
I know you are reading this poem as you pace beside the stove
warming milk, a crying child on your shoulder, a book in your hand
because life is short and you too are thirsty.
I know you are reading this poem which is not in your language
guessing at some words while others keep you reading
and I want to know which words they are.
I know you are reading this poem listening for something, torn between
bitterness and hope
turning back once again to the task you cannot refuse.
I know you are reading this poem because there is nothing else left to read
there where you have landed, stripped as you are.
From An Atlas of the Difficult World, 1991
**
Insondato
Marinaio inesperto,
in questa zona fuori delle carte
ogni navigatore
viaggia senza consigli, solo.
Ognuno Magellano di se stesso
su tropici di sensazione:
non resta sasso arso dal fuoco
da abitazioni precedenti,
nessuno scafo antico
scheggiato sulla spiaggia.
Queste sono latitudini rivelate
a ciascuno separatamente.
1951
—
Unsounded
Mariner unpracticed,
In this chartless zone
Every navigator
Fares unwarned, alone.
Each his own Magellan
In tropics of sensation:
Not a fire-scorched stone
From prior habitation,
Not an archaic hull
Splintered on the beach.
These are latitudes revealed
Separate to each.
1951
**
Una donna pianta dalle figlie
Ora, prima di ogni lacrima,
noi sediamo qui nella tua cucina,
come vedi, già esauste.
Tu ti sei dilatata
fino ad oltrepassare
la casa e il cielo intero.
Tu, che siamo riusciti
così spesso a ignorare!
Tu che la morte ha gonfiato
come un cadavere emerso dal mare;
ci schiacci col tuo peso.
E tuttavia eri foglia,
filo di paglia volato sul letto,
da tempo eri croccante
come un insetto morto.
Se non tu, allora cosa
si posa su noi ora,
come il raso con cui hai velato
il nostro capo il giorno delle nozze?
E cosa ci sale in gola
come cibo imboccato dalle tue mani?
Niente era mai abbastanza.
Tu ora respiri su di noi
tramite affermazioni solide
di te: cucchiaini, calici,
mari di tappeti, foreste
di vecchie piante da innaffiare,
un vecchio nella stanza accanto
da accarezzare e da nutrire.
E tutto questo mondo
ci sfida a muovere
un dito, se non esattamente
come avresti voluto tu.
1960
—
A Woman Mourned by Daughters
Now, not a tear begun,
we sit here in your kitchen,
spent, you see, already.
You are swollen till you strain
this house and the whole sky.
You, whom we so often
succeeded in ignoring!
You are puffed up in death.
like a corpse pulled from the sea;
we groan beneath your weight.
And yet you were a leaf,
a straw blown on the bed,
had long since become
crisp as a dead insect.
What is it, if not you,
that settles on us now
like satin you pulled down
over our bridal heads?
What rises in our throats
like food you prodded in?
Nothing could be enough.
You breathe upon us now
through solid assertions
of yourself: teaspoons, goblets,
seas of carpet, a forest
of old plants to be watered,
an old man in an adjoining
room to be touched and fed.
And all this universe
dares us to lay a finger
anywhere, save exactly
as you would wish it done.
1960
**
Orione
Un tempo, quando vagavo tra distese di larici
tu eri il mio genio, tu
il mio vichingo di ferro forgiato, il mio re
con il capo cinto dall’elmo
cuor-di-leone imprigionato.
Ora, anni dopo, tu sei giovane
mio fiero fratellastro, e guardi
giù da quel primitivo occidente,
il torace scoperto e la cintura appesantita
da un oggetto fuori moda, una spada
l’ultima bravata cui non vuoi rinunciare
anche se il carico ti affatica a ogni passo
e dentro le stelle sono opache
e forse non bruciano più.
Ma tu bruci e io lo so;
mentre getto il capo all’indietro per accoglierti
un’antica trasfusione avviene ancora:
l’astronomia divina non è nulla al confronto.
Al coperto io sanguino e incespico,
tradisco, lascio perdere,
un bambino nato morto al buio.
La notte va in pezzi sopra il comignolo,
frammenti di tempo, gelidi geodi
cadono come pioggia nel camino.
Un uomo cerca dietro i miei occhi
e li scopre vuoti
un volto di donna distoglie lo sguardo
dal mio volto nello specchio
bambini muoiono la mia morte
e mangiano briciole della mia vita.
La pietà non è il tuo forte.
Quieto tu soffri lassù
infilzato alla coffa,
mio pirata senza parole!
Tu dai tutto per scontato
e quando ricambio il tuo sguardo
il mio occhio è simile a una stella
che scaglia la sua lancia fredda e egoista
là dove il danno è minore.
Un profondo respiro! Nessuna offesa, nessun perdono
qui fuori al freddo con te
te con le spalle al muro.
1965
—
Orion
Far back when I went zig-zagging
through tamarack pastures
you were my genius, you
my cast-iron Viking, my helmed
lion-heart king in prison.
Years later now you’re young
my fierce half-brother, staring
down from that simplified west
your breast open, your belt dragged down
by an oldfashioned thing, a sword
the last bravado you won’t give over
though it weighs you down as you stride
and the stars in it are dim
and maybe have stopped burning.
But you burn, and I know it;
as I throw back my head to take you in
an old transfusion happens again:
divine astronomy is nothing to it.
Indoors I bruise and blunder,
break faith, leave ill enough
alone, a dead child born in the dark.
Night cracks up over the chimney,
pieces of time, frozen geodes
come showering down in the grate.
A man reaches behind my eyes
and finds them empty
a woman’s head turns away
from my head in the mirror
children are dying my death
and eating crumbs of my life.
Pity is not your forte.
Calmly you ache up there
pinned aloft in your crow’s nest,
my speechless pirate!
You take it all for granted
and when I look you back
it’s with a starlike eye
shooting its cold and egotistical spear
where it can do least damage.
Breathe deep! No hurt, no pardon
out here in the cold with you
you with your back to the wall.
1965
da “La guida nel labirinto”
Crocetti 2021
traduzione e cura di Maria Luisa Vezzali
Salvataggio di mezzanotte
5
Ai tempi in cui mangiavo e bevevo liberazione un giorno sono andata
a braccetto con una che diceva di aver qualcosa da insegnarmi
Era il viale con le sue abitatrici
affrancate dalla casa: : senzatetto: : donne
senza stoviglie da lucidare o letti da rifare
o pettini da passare tra i capelli
o acqua calda per togliere il grasso o scatolette
da aprire o sapone da passare così
sotto le ascelle poi sotto i seni poi lungo le cosce
Bidoni di benzina in fiamme sotto l’autostrada
e bottiglie afferrate da giacigli di cartone
e pile di oggetti smarriti e ritrovati da passare di mano in mano
e figure che si organizzavano contro il vento
In questo viaggio mi ha portato :: Emi ha detto
Il mio nome è Liberazione e sono nata qui
Di cosa hai tanta paura?
Abbiamo ciondolato fino a tardi nei bar come pipistrelli
al semaforo ci siamo date il bacio della buonanotte
– credevi che portassi questa città senza dolore?
credevi non avessi famiglia?
—
5
When I ate and drank liberation once I walked
arm-in-arm with someone who said she had something to teach me
It was the avenue and the dwellers
free of home: roofless :: women
without pots to scour or beds to make
or combs to run through hair
or hot water for lifting grease or cans
to open or soap to slip in that way
under arms then beneath breasts then downward to thighs
Oil-drums were alight under the freeway
and bottles reached from pallets of cardboard corrugate
and piles of lost and found to be traded back and forth
and figures arranging themselves from the wind
Through all this she walked me :: And said
My name is Liberation and I come from here
Of what are you so afraid?
We’ve hung late in the bars like bats
kissed goodnight at the stoplights
-did you think I wore this city without pain
did you think I had no family?
**
7
Questa pazienza orribile che è parte del lavoro
Questa pazienza che attende il linguaggio il senso il minimo segno
Questo arrancare impacciato che caparbio trascina
la flebo su e giù per il corridoio
con il sacchetto di urina macchiata di sangue
Solo così puoi ricominciare a vivere
svegliarti per misurare la temperatura dell’anima
all’alba quando gli iris neri si sporgono
dalla bocca del vaso accanto al letto
Condizione in cui giuri Mi sottometterò
a qualsiasi cosa sia la poesia
Non accetto limiti Pazienza orribile
—
7
This horrible patience which is part of the work
This patience which waits for language for meaning for the least sign
This encumbered plodding state doggedly dragging
the IV up and down the corridor
with the plastic sack of bloodstained urine
Only so can you start living again
waking to take the temperature of the soul
when the black irises lean at dawn
from the mouth of the bedside pitcher
This condition in which you swear I will
submit to whatever poetry is
I accept no limits Horrible patience
**
Vittoria
Nell’Europa più fredda fine di quella guerra
ghiacciate cupole rotaie ghiacciate stufe accese per strada
freddi depositi di ricordi
la Vittoria di Samotracia
su una scalinata strascico
fiammeggiante d’ali ha detto a me
:: a chiunque incontrava
Deportata, amputata non sottovalutarmi mai
Vittoria
dentellata nel disastro una falcata
in cima alle scale
per Tory Dent
1998
—
Victory
In coldest Europe end of that war
frozen domes iron railings frozen stoves lit in the streets
memory banks of cold
the Nike of Samothrace
on a staircase wings in blazing
backdraft said to me
:: to everyone she met
Displaced, amputated never discount me
Victory
indented in disaster striding
at the head of stairs
for Tory Dent
1998
**
Per questo
Se ho teso la mano ai tuoi versi (l’ho fatto)
come a lettere dei morti che ridestano l’animo
da rabdomante cercato la tua fonte
per abbeverare la mia sete
scavato nel mio concime scheletri e petali
che per te dovevano riflettere la luce:
– al lavoro nel mio sotterraneo mangiato dai vermi
roso dai tarli senza patria
ho una scusa?
Se ho sfiorato il tuo dito
con lingua affamata
leccato dal tuo palmo una crepa di sale
se ti ho sognato o pensato
sacca di sangue appena estratto
appeso rossoscuro a un gancio
più in alto del mio cuore
(tu che comprendi la trasfusione)
a cos’altro dovrei rivolgermi?
Una luce-spia brilla fioca
mentre i fuochi del gas dormono
(un gatto esce in punta di zampa dai fornelli al gelo notturno)
il linguaggio raro e agile come la verità
scioglie il silenzio più radicale
L’etica del custode di un faro:
cura di tutti o di nessuno
per questo si può pure dare fuoco ai mobili
Un questo contro cui abbiamo sbattuto
come se la luce potesse essere spenta a estro
il salvataggio negato ad alcuni
e rimanere un faro
1999
—
For This
If I’ve reached for your lines (I have)
like letters from the dead that stir the nerves
dowsed you for a springhead
to water my thirst
dug into my compost skeletons and petals
you surely meant to catch the light:
–at work in my wormeaten wormwood-raftered
stateless underground
have I a plea?
If I’ve touched your finger
with a ravenous tongue
licked from your palm a rift of salt
if I’ve dreamt or thought you
a pack of blood fresh-drawn
hanging darkred from a hook
higher than my heart
(you who understand transfusion)
where else should I appeal?
A pilot light lies low
while the gas jets sleep
(a cat getting toed from stove into nocturnal ice)
language uncommon and agile as truth
melts down the most intractable silence
A lighthouse keeper’s ethics:
you tend for all or none
for this you might set your furniture on fire
A this we have blundered over
as if the lamp could be shut off at will
rescue denied for some
and still a lighthouse be
1999
**
Leggendo l’Iliade (come) per la prima volta1
Orrido, sgargiante, squarcio
una creatura dilaniata arranca per alzarsi, correre
con il ventre che cola
Il sangue rende tutto più reale
pulsa nel braccio armato d’asta come nel
collo del cecchino l’attimo
presente – Ora! – prima di
far fuori i bastardi
*
Splendore in nero e ocra su un’urna greca
Bellezza come verità
Il mare come sfondo
battuto da nere navi lunghi-remi
a riva carri scudi gambe muscolose dai buoni schinieri
cavalli che impennano Bellezza! carne prima della
cancrena
*
Dèi dalla mente cangiante corrono avanti e indietro Inganno2
una figlia afferrata per i capelli scagliata per confondere uomini
Tutto qui è conflitto e lo chiamano fato
*
Gloria orrenda: ferite spalancate
nutrono mosche enormi
Zoccoli sdrucciolano su smalto di sangue
I cavalli distolgono lo sguardo
versando lacrime equine3
Bellezza?
un muro con i nomi dei caduti
da entrambe le parti appassionata imparzialità
2009
—
Reading the Iliad (As If) for the First Time¹
Lurid, garish, gash
rended creature struggles to rise, to
run with dripping belly
Blood making everything more real
pounds in the spearthruster’s arm as in
the gunman’s neck the offhand
moment–Now!–before he
takes the bastards out
*
Splendor in black and ochre on a grecian urn
Beauty as truth
The sea as background
stricken with black long-oared ships
on shore chariots shields greaved muscled legs
horses rearing Beauty! flesh before gangrene
*
Mind-shifting gods rush back and forth Delusion
a daughter seized by the hair swung out to bewilder men
Everything here is conflictual and is called man’s fate
*
Ugly glory: open-eyed wounds
feed enormous flies
Hoofs slicken on bloodglaze
Horses turn away their heads
weeping equine tears
Beauty?
a wall with names of the fallen
from both sides passionate objectivity
2009
**
Stanotte nessuna poesia servirà
Ti ho vista camminare scalza
dare un lungo sguardo
alla palpebra della luna nuova
più tardi distesa
addormentata, nuda coi tuoi capelli scuri
nel sonno ma non dimentica
degli insonni senza sonno
altrove
Stanotte credo
che nessuna poesia
servirà
Sintassi della traduzione4:
il verbo pilota l’aereo
l’avverbio modifica l’azione
il verbo alimenta a forza il nome
annega il soggetto
il nome sta soffocando
il verbo sciagurato insiste
ora disegna il grafico della frase
—
Tonight No Poetry Will Serve
Saw you walking barefoot
taking a long look
at the new moon’s eyelid
later spread
sleep-fallen, naked in your dark hair
asleep but not oblivious
of the unslept unsleeping
elsewhere
Tonight I think
no poetry
will serve
Syntax of rendition:
verb pilots the plane
adverb modifies action
verb force-feeds noun
submerges the subject
noun is choking
verb disgraced goes on doing
now diagram the sentence
2007
*
- “Chi aveva sognato che, grazie al progresso, la forza appartenesse ormai al passato, ha potuto scorgere in questo poema solo un documento; chi invece, oggi come allora, individua nella forza il centro di ogni storia umana, trova qui il più bello, il più puro degli specchi.” [N.d.A.] Cfr. Simone Weil, L’Iliade o il poema della forza, traduzione di Francesca Rubini, a cura di Alessandro di Grazia, Asterios, Trieste 2012, p. 39. [N.d.T.] ↩︎
- Cfr. Iliade XIX 91-130: “Ate è la figlia maggiore di Zeus, che tutti fa errare,/ funesta; essa ha piedi molli; perciò non sul suolo/si muove, ma tra le teste degli uomini avanza,/ danneggiando gli umani: un dopo l’altro li impania… pena acuta colpì Zeus nel petto profondo,/ e subito afferrò Ate, che tutti fa errare:/ dicendo questo la scagliò giù dal cielo stellato,/ roteandola con la mano; e giunse subito nei campi degli uomini” (trad. di Rosa Calzecchi Onesti, Einaudi, Torino 1950). ↩︎
- Cfr. Iliade XVII 426-440: “Ma i cavalli d’Achille fuori della battaglia/ piangevano, da che avevano visto l’auriga/ caduto nella polvere sotto Ettore massacratore… così restavano immobili, col carro bellissimo,/ in terra appoggiando le teste; e lacrime calde/ cadevano loro giù dalle palpebre, scorrevano in terra; piangevano,/nel desiderio del loro auriga; e si sporcavano la ricca criniera/ cadendo dal soggolo, di qua e di là lungo il giogo” (trad. di Rosa Calzecchi Onesti, cit.).
[Citazioni indicate in nota dall’Autrice] ↩︎ - Come nell’inglese rendition, anche nella parola “traduzione” convive il senso di “versione, resa da un’altra lingua” e “trasferimento di un detenuto”: in particolar modo Rich si riferisce al procedimento, sostanzialmente illegale, dell’extraordinary rendition con cui la CIA, per superare le garanzie offerte dal diritto internazionale, ha deportato prigionieri sospettati di essere terroristi in carceri estere dove potevano essere sottoposti a tortura. [N.d.T.] ↩︎
**
Adrienne Rich (Baltimora, Maryland, 1929), selezionata fin dagli esordi da W. H. Auden per il premio Yale Series of Younger Poets per A Change of World (Yale University Press, 1951), è stata una pluripremiata poetessa, un’autorevole saggista, una femminista radicale e una delle massime intellettuali pubbliche del XX e del XXI secolo. Nel 1955 pubblica The Diamond Cutters (Harper & Brothers, 1955). Nel corso degli anni ‘60 scrive diverse raccolte, tra cui Leaflets (W. W. Norton, 1969) e Snapshots of a Daughter-in-Law (Harper & Row, 1963). Il suo lavoro esplora temi quali il ruolo delle donne nella società, il razzismo e la guerra del Vietnam. Nel 1973 scrive Diving into the Wreck (W. W. Norton), che le vale il National Book Award nel 1974. Rich accetta il premio a nome di tutte le donne e lo condivide con le altre colleghe candidate, Alice Walker e Audre Lorde. Inseguito pubblica altre numerose raccolte di poesie, tra cui Tonight No Poetry Will Serve: Poems 2007–2010 (WW Norton & Co., 2010); The School Among the Ruins: Poems 2000–2004 (WW Norton, 2004), che ha vinto il Book Critics Circle Award; Collected Early Poems: 1950–1970 (WW Norton, 1993); An Atlas of the Difficult World: Poems 1988–1991 (WW Norton, 1991), finalista per il National Book Award, e The Dream of a Common Language (WW Norton, 1978).
Oltre alla sua poesia, Rich ha scritto diversi libri di saggistica in prosa, tra cui Arts of the possible: Essays and Conversations (W. W. Norton, 2001) e What is Found There: Notebooks on Poetry and Politics (W. W. Norton, 1993).
Rich ha ricevuto il Bollingen Prize, il Lannan Lifetime Achievement Award, l’Academy of American Poets Fellowship, il Ruth Lilly Poetry Prize, il Lenore Marshall Poetry Prize, il National Book Award e una MacArthur Fellowship; è stata cancelliere dell’Accademia dei poeti americani. Nel 1997 rifiuta la Medaglia Nazionale delle Arti, affermando di non poter accettare “un simile premio dal presidente Clinton o dalla Casa Bianca perché il significato stesso dell’arte, per come lo intendo io, è incompatibile con la politica cinica di questa amministrazione”. Ha continuato dicendo: “[L’arte] non significa nulla se si limita a decorare la tavola del potere che la tiene in ostaggio”. Nello stesso anno, Rich riceve il premio Wallace Stevens dell’Academy of American Poets. Adrienne Rich è morta il 27 marzo 2012, all’età di ottantadue anni.
**
Maria Luisa Vezzali (Bologna 1964), docente di Materie letterarie nella scuola superiore, è traduttrice di Adrienne Rich (Cartografie del silenzio, Crocetti 2020, e La guida nel labirinto, Crocetti 2021, premio per la traduzione dell’Università di Bologna) e Lorand Gaspar (Conoscenza della luce, Donzelli 2006). Per Raffaelli (2011) ha curato un’edizione dell’Anabasi di Saint-John Perse. Altre autrici tradotte su rivista: Michelle Cliff, Carole Darricarrère, Imtiaz Dharker, Marlene Dumas, Shira Erlichman, Elaine Feinstein, Denice Frohman, Vénus Khoury-Ghata, Jade Lascelles. In poesia ha pubblicato L’altra eternità (Edizioni del Laboratorio 1987), Eleusi marina (in “Terzo quaderno italiano” a cura di Franco Buffoni, Guerini e Associati 1992), dieci nell’uno (Eidos 2004, disegni e sculture di Mirta Carroli), lineamadre (Donzelli 2007, premio Anterem/Montano), Forme implicite (Allemandi 2011, gioielli e disegni di Mirta Carroli), Tutto questo (Puntoacapo editrice 2018, premio don Luigi Di Liegro 2020). Suoi testi sono tradotti in inglese, spagnolo, francese, tedesco, svedese e arabo. È comparsa in numerose riviste e antologie, tra le quali Sotto il cielo di Lampedusa. Annegati da respingimento (Rayuela 2014), Sotto il cielo di Lampedusa II. Nessun uomo è un’isola (Rayuela 2015), Officine della poesia/1. Bologna (Kurumuny 2018) e Lunario di desideri (a cura di V. Guarracino, Edizioni Di Felice 2019). Nel 2012, 2018, 2019 e 2020 ha tenuto lezioni all’interno del “Corso di Etica e Politica in prospettiva di genere” dell’Università di Bologna. Fa parte dell’Associazione Orlando e del collettivo di traduttrici WiT (Women in Translation), che ha prodotto Audre Lorde, D’Amore e di lotta (Le Lettere, ottobre 2018).
Maria Luisa è qui: www.marialuisavezzali.com
Loredana Magazzeni parla di lei qui: https://www.atelierpoesia.it/saggio-sulla-poetica-di-maria-luisa-vezzali-di-loredana-magazzeni/
Rossella Renzi qui: https://www.poesiadelnostrotempo.it/occhi-azzurri-la-mia-sola-eredita-tutto-questo-di-maria-luisa-vezzali/