peQuod 2021
La terra divisa e lasciata
alla cenere, ciò che avanza
alla notte è deriva lenta del cuore:
quale libertà, mi dici, quale libertà
è questo nostro stare, inquieti,
inchiodati
nello spazio senza rumore
di un istante?
Qui, sulla riva lontana del fuoco,
ti seguo con lo sguardo,
mi cerco ancora.
*
Veglia
Il buio scivola dolcemente
sulla luce incerta delle candele,
nell’odore acre dell’incenso
– fino a svuotare i nostri cuori,
fino a farne riflesso lontano
nelle preghiere stanche
e nel canto,
nella chiesa vuota
– mi sopravvive il tempo
ed ogni carezza.
*
Parole che staccano a morsi
lembi di pelle, parole su carne viva
amore
al riparo dal tempo, qui,
tra le tue mani
nel destino di un morire senza nome,
nel taglio celeste del cielo di marzo.
*
È il cadere atroce della bellezza
tra la fame e il rantolo della ragione
non è muta la polvere
questo silenzio tra i nostri corpi,
il fragile inganno delle mani.
*
Tornare, quando fa sera,
tornare all’abisso che divora,
al grido deserto, al ramo spezzato;
sul tuo corpo giace, priva di forza,
la santità di un dolore antico,
immolato.
Senti come trema la voce
di questa fede immatura,
senti l’invisibile crepa
che avanza nel nostro domani.
*
Hai detto
Ritrovarsi a terra, salvi,
qui dove i vetri soffrono
e le tue ciglia tremano appena.
Mi hai preso per mano,
hai detto Vieni, è quasi mattina.
*
Un cieco restare
E ora che il mare si fa scuro
e viene tempesta, qui,
stringo il mio volto al cieco
restare che non conosce
gioia, riparo.
Questo vento di giugno,
le parole che abbiamo perduto:
dal sangue innocente di Dio
nasce la nostra misera fede.
*
Sia benedetto il vuoto
che ingoia e mastica,
sia benedetto il tempo
avaro di speranza,
sia benedetto il pianto,
la nuda miseria, la malattia.
I bianchi fiori recisi
dei nostri deserti.
*
Il gelo delle mie navi mai partite.
È proprio degli specchi frantumare
l’inganno in luce, senza lasciare traccia.
Con la voce dei troppi silenzi
e delle foglie, in questo eterno
cercare il mondo, fuggire da noi.
*
Questo svegliarsi molte ore
prima del mattino,
un vento leggero,
il canto impervio della luce.
Nella grazia di un Dio che è
e che diviene,
nel grato abbandono
di ogni uomo che
illumina il mondo
– sottovoce,
quasi senza sapere.
*
Abbandonato il fuoco sull’altra riva,
precipita il tempo nel tempo
che non sappiamo.
Guarda, qui fiorisce
il nulla, qui s’apre l’eterno
alla vita.
*
Luca Pizzolitto (Torino, 1980) nel 2008 vince il Premio Arezzo Poesia; nel 2014 si classifica primo al Concorso Letterario Internazionale Città di Moncalieri; nel 2019 vince il Premio Internazionale Città di Latina. I suoi ultimi libri pubblicati sono: L’allontanarsi delle cose (Ladolfi 2017), Il silenzio necessario (Transeuropa 2017), Dove non sono mai stato (Campanotto 2018), Il tempo fertile della solitudine (Campanotto 2019), Tornando a casa (Puntoacapo 2020), La ragione della polvere (PeQuod 2020) e la presente silloge Crocevia dei cammini (peQuod 2021). Dirige la collana di poesia «portosepolto» per la casa editrice peQuod. Ha ideato e cura il blog bottega portosepolto